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Un'intervista a tutto tondo. Josè Mourinho, che in Italia parla sempre meno spesso, si concede al giornale Panorama. Un incontro approfondito che conferma come qualsiasi descrizione sul tecnico portoghese sia sempre troppo stretta per contenere tutto quello che si potrebbe dire. Il giornalista Giuseppe De Bellis, che firma l'articolo di punta della rivista, chiede a Mou: "Avrebbe preferito avvicinarsi alla finale di Champions con il campionato già vinto?". Il tecnico nerazzurro risponde: "Chissà, no. Dipende. Dal punto di vista fisico, sì. Stiamo giocando da tanto tempo a ritmi altissimi, se ci potessimo riposare un po' arriveremmo a Madrid in condizioni migliori. Dal punto di vista mentale, invece, questa situazione non è negativa: siamo al massimo dell'attenzione. Sappiamo che ci giochiamo due competizioni in pochi giorni e quindi abbiamo la testa carica". Difficile stare in equilibrio, con due obiettivi così a portata di mano, ma è il bello del calcio. Anzi il bello dell'Inter. "Adoro il mio mestiere - confessa Mourinho - perchè è calcio, ma è anche molto di più. Un allenatore deve anche essere un bravo gestore: deve fare in modo che le cose funzionino in squadra, deve parlare con giocatori e dirigenti, deve studiare gli avversari e capire come batterli, deve capire come motivare, come spingere. Deve pensare alla tecnica, alla tattica, ma pure alla psicologia. Un allenatore è un leader in un gruppo di professionisti e se non sai trascinare non puoi allenare". E se qualcuno volesse diventare Josè il libretto delle istruzioni dice: "Mi svegliavo alle sei del mattino per essere all'università di Lisbona alle 8 - continua l'allenatore. Non ho mai abitato nella capitale, ma sempre a Setubal. Viaggiavo ogni giorno: rientravo dalle lezioni alle tre ed andavo ad allenarmi. Dalle 5 alle 7 ero un giocatore. Alla fine gli altri tornavano a casa, io andavo ad allenare i ragazzini e la sera tornavo a casa soddisfatto". Mica bruscolini.
Una vita da Josè non è esattamente una passeggiata, dunque. Gli incroci del destino hanno voluto che da assistente (al Barcellona) di Van Gaal ora sia il suo "nemico" sulla strada della Champions. Nell'intervista, Mou parla anche delle due gare che hanno preceduto la finale di Madrid, contro il Barca. "Sono state due partite perfette - sostiene - la prima perchè siamo riusciti a recuperare. La seconda perchè è stata il trionfo della strategia difensiva". E quando l'intervistatore gli chiede "Qual è la squadra che l'ha messa più in difficoltà?", Josè risponde convinto: "L'Inter". Non ama il calcio italiano, ma lui piace "agli interisti, degli altri che importa?. Io sono un allenatore che può essere odiato, ma poi chi mi odia mi vuole nella sua squadra", sostiene. Poi conferma: "Allenerò il Real Madrid un giorno. Perchè ho allenato una grande in Inghilterra - conclude - alleno una grande in italia e allenerò una grande in Spagna. Voglio vincere tanto, tutto, come ho già fatto, ma voglio farlo ancora. Io sono pagato per vincere. Degli sconfitti non si ricorda nessuno, solo chi vince entra nella storia". Vamos Josè.
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