Radja Nainggolan ha risposto in diretta alle domande de Er Faina. Il giocatore del Cagliari, in prestito dell'Inter, ha parlato della sua carriera, della sua esperienza a Piacenza e poi a Roma. Questo è quanto ha detto:
primo piano
Nainggolan: “Direi no alla Juve. All’Inter non sono stato continuo. Una dote di Lukaku…”
Il centrocampista di proprietà nerazzurra ha parlato della sua carriera in una diretta Instagram
-La tua partita più bella con la Roma?
Mi ricordo un derby in cui vincevamo due a zero e io giocavo in mezzo al campo, è stata la mia da capitano, mancavano Totti e De Rossi, è stata una vittoria importante.
-Contro la Juve?
Il gol contro di loro una liberazione personale. Ma spesso in casa con la maglia della Roma li abbiamo battuti. Non odio nessuno. La cosa che mi ha sempre dato fastidio è che quando una persona non si sente di andare a giocare in un club può non andarci. Non perché la odio, ma se vincessi uno scudetto con 5 gare all'anno non lo sentirei mio. Non sono andato forse all'inizio per paura di non giocare, ho fatto un altro percorso, ma non per forza bisogna scegliere la squadra che vince sempre. Là vincere è la normalità, uno scudetto alla Roma è diverso. Se direi sì alla Juve? Direi no alla Juve. Per questo motivo. Pjanic è alla Juve, lo sento tutti i giorni. Non ce l'ho con la Juve.
-Il giocatore più forte incontrato della Lazio?
Soprattutto in questi ultimi anni c'è Milinkovic. Klose anche. Ma non ho mai sofferto un giocatore in particolare. Luis Alberto quest'anno è di un altro livello e fa la differenza, poi Immobile che segna tanto. Acerbi ha fatto la differenza anche quest'anno. Una volta sono tornato dalle Maldive con Inzaghi e Immobile. Per nove ore abbiamo parlato di calcio e non siamo stati fermi neanche dieci minuti. Si parla un po' di tutto, derby, partite, giocatori, di gol sbagliati o fatti. La mano di Inzaghi sulla Lazio si vede, ha rischiato anche di andare via da lì ma ogni hanno si conferma e fa sempre meglio.
-Via da Roma ma non volevi...
Sono andato via per rispettare me stesso. Mi hanno fatto delle cose dietro alle spalle e per come sono fatto io non sarei riuscito neanche a salutarlo. Visto che questa persona voleva andassi via ho scelto di andare via dove volevo. Ho scelto io di andare all'Inter, non volevo cambiare Paese e avevano Spalletti con cui avevo fatto bene alla Roma. La scena è stata facile anche per lui. E' stato facile scegliere. I tifosi dell'Inter mi sono stati sempre vicini e sono un bel tifo, ma i primi tre quattro mesi ero più triste di aver lasciato la Roma che felice di essere arrivato all'Inter. Poi è iniziata male. Sono dovuto star fermo per infortunio. Poi prima da titolare e gol ma le prestazioni in sé non sono state continue. Forse non ero me stesso, forse per colpa mia. Non lo so spiegare, è stata la prima volta in cui ho pensato di me che potevo dare di più.
-Poi torni a Cagliari...
Torno a Cagliari perché ero scaricato. Andando in Cina già sapevo di non poter fare le amichevoli. Quando mi hanno detto che sarei potuto partire pensavo che mi avrebbero dato una possibilità. Ma è andata al contrario. Ho cominciato a guardarmi intorno e Giulini mi chiamava già dall'anno prima. Quando ha saputo di questa occasione ci siamo sentiti, mi diceva che è l'anno del centenario, un anno importante, una piazza che conosco. C'erano altre proposte. Avevo sentito anche la Fiorentina, la Sampdoria. Ma quando decido una cosa la seguo e ho visto che il Cagliari aveva un progetto che mi piaceva. Dopo un'annata così così pensavo di ritrovare serenità.
-Tornare a giocare?
Io vorrei tornare a giocare, ma se ci sono le condizioni di sicurezza per farlo. La salute viene prima di tutto. Anche se non mi piacciono le gare a porte chiuse.
-La favorita per vincere lo scudetto?
La Juve. Senza nulla togliere alla Lazio che sta facendo miracoli. I bianconeri hanno una rosa molto ampia. Sono un grande gruppo. I biancocelesti se la devono giocare e nel calcio mai dire mai. L'Inter? E' tanto cambiata, anche nello stile di gioco, è più fisico. E' sempre là, ma le manca sempre qualcosa per vincere. Meglio con Icardi o Lukaku? Due giocatori completamente diversi. Mauro ha dimostrato che i gol li sa fare. Romelu segna meno gol magari ma è un armadio, sbatte contro tutti, va a tremila. In Nazionale spalla a spalla l'ho tirato anche giù, ma è possente. Tecnicamente non è pulitissimo ma in Nazionale, quando finiscono gli allenamenti, va in tutte le posizioni dell'area di rigore. Si allena sulla precisione del tiro, se guarda per terra sa come prendere la palla. Si allena tanto sulla finalizzazione. Gli va riconosciuto di essere un grande lavoratore.
-Se hai rosicato della mancata convocazione al Mondiale?
Sì. Ma sono scelte. Mi manca, è il sogno di tutti vestire la maglia del proprio Paese. Però ormai quando si prende una decisione difficilmente si torna indietro. Difficilmente tornerei.
-La Roma?
Se ci fossero i presupposti tornerei alla Roma, ho vissuto anni bellissimi. E' una piazza dove ho dato tutti. Cosa mi manca più di tutto? Le serate. Scherzo... Mi manca tutto. Scrivo ancora ai miei ex compagni quando rivedo le partite. Era un mondo naturale per me là per come vivevo e stavo. Poi sono successe delle cose... Vediamo. La porta è sempre aperta. Il derby di Roma è proprio diverso da quello di Milano, un'altra cosa. San Siro è bellissimo, fanno coreografie stupende, ma il derby milanese non lo senti come si sente a Roma durante la settimana. Là se perdi ti prendono in giro anche un mese dopo. A Milano dopo la gara finisce tutto.
-Dopo il calcio?
Vorrei uscirne per come è messo il mondo del calcio e per il mio modo di essere. Ma mi piacerebbe aiutare con i ragazzi più giovani, lavorare con i talenti a cui dare una possibilità seguendoli. Allenatore? Potrei anche farlo ma non so se lo sarò. A livello calcistico potrei anche farlo perché ho un carattere difficile e per come dico le cose, in maniera troppo diretta. Da allenatore non so se allenerei Juve o Lazio. Non ci penso ora come ora a fare il tecnico.
-Il tuo gol più bello?
Quello di quest'anno contro la Spal per velocità di esecuzione ma ne ho fatti altri belli.
-Spalletti, differenze tra le due annate a Roma?
Per me lui è sempre uguale. Come allenatore in campo è il più forte che ho avuto. Per come vede le partite, per la sua visione di calcio, il migliore per la mia visione di calcio. Come uomo è duro, prima mi dicevano fosse diverso. Quando c'è da combattere va anche contro i giocatori, fa parte della sua personalità. Allegri era il primo allenatore avuto in Serie A, non l'ho vissuto tanto e non capivo esattamente le sue richieste personali verso di me, ma ha fatto giocare verso di me. Conte l'ho vissuto un mese. Lascia stare le scelte fatte, ma se è uno bravo va ammesso: ha una mentalità assurda. In un mese mi ha detto le cose in facce, è da apprezzare, come piace a me. Dopo un mese la squadra lo aveva già capito. Gli allenamenti sono pesanti ma ti accorgi subito qual è la sua idea.
-Il più forte di tutti?
Totti se si parla del più scontato. Ma Dzeko per me è il giocatore completo. Icardi in area era bravissimo. Lautaro è forte fisicamente, anche se più basso, tiene palla e per tecnica è fortissimo.
-Ronaldo il Fenomeno?
Me lo ricordo al Real Madrid, quando era già appesantito, e andava a 3mila uguale. Era veramente devastante. Però scelgo sempre Messi. Lui e CR7 sono di un'altra categoria. Cristiano è una macchina da guerra, costruita, Messi è talento puro per me. Anche nella pulizia del tocco, di come tiene palla. Cristiano ora è più una prima punta. Quello del Manchester United era un altro rispetto al calciatore di adesso.
-Il giocatore che ti ha dato più fastidio in carriera...
Mi ricordo anche l'Inter del Triplete. Thiago Motta mi ha rimbalzato con poco. Seeedorf era troppo forte fisicamente ed era fastidioso giocarci contro. Handanovic è un portiere incredibile, soprattutto per la sua calma quando gioca. Ha grande efficacia anche con i piedi, fa delle cose che neanche altri portieri fanno.
-Cosa hai detto a Pjanic quando è partito per la Juve?
Che andava a rinforzare una squadra che già vinceva, ma il nostro rapporto è rimasto uguale. Anche quando ho giocato da ex era difficile per me ad una squadra a cui tengo, sono sensibile su questo, ci tengo tanto alle società in cui sono stato. Ma quando devi giocare devi giocare, magari chiedi subito scusa. Si deve cercare provare a vincere.
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