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Marcello Nicchi, presidente dell'Aia, ha parlato alla Gazzetta dello Sport del dibattito sulla percentuale degli arbitri in seno al Consiglio Federale: «Le sembra normale che, con tanti problemi, come prima cosa abbiano pensato a buttarci fuori dal Consiglio federale? E perché? A parte la Serie A, tutte le altre componenti ci vogliono. E poi è pure una questione di tempi sbagliati: parlare di questa cosa sul finale della stagione, quando ogni gara è decisiva, turbando la serenità degli arbitri. Un clamoroso autogol».
Ma è così importante per l’Aia quel 2%?
«Sì, perché applica il principio della rappresentanza democratica previsto dal 2004 nella legge Melandri. Ripeto: rappresentanza democratica. Da 14 anni nessuno l’ha mai messo in discussione, neppure il commissario ad acta Napolitano, figlio di Giorgio ex presidente della Repubblica, che nel 2012 varò il nuovo statuto Figc».
Secondo Malagò siete più indipendenti e autonomi senza quel 2% e Calciopoli, da lei evocata come rischio, lo dimostrerebbe.
«Non replico al presidente Coni. Semmai ricordo un po’ a tutti che, ai tempi di Calciopoli, i dirigenti della A chiamavano designatori e presidente Aia, lamentandosi degli arbitri, facendo ricusazioni. Cose squallide. Adesso le risposte le diamo negli incontri ufficiali, ma forse qualcuno ha nostalgia del passato e ci vuole sotto le loro dipendenze. Ma non passeranno, sappiamo difenderci».
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