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Ospite del progetto ‘Il Frosinone sale in cattedra’, Andrea Pinamonti, attaccante ceduto in prestito dall'Inter proprio al club ciociaro, ha parlato così dei primi anni della sua carriera: «Ho 19 anni, davvero pochi più di voi. E vi è andata bene perché non ho una carriera lunga da raccontarvi. Ho iniziato a giocare al calcio all’età di 5 anni nel mio paese in Trentino. Non c’erano tante possibilità ma col sogno di diventare calciatore ben impresso ho iniziato a dare calci in una formazione Dilettanti. L’obiettivo era diventare calciatore importante, di una squadra serie A. Quel sogno non mi ha mai abbandonato. Ho militato 4 anni in questa società, poi sono passato al Chievo».
L'impatto con la Serie A? Lo racconta così: «Non potevo trasferirmi a Verona perché ero troppo piccolo e così dovevo viaggiare ogni giorno, 1 ora e mezzo all’andata e lo stesso tempo al ritorno. Queste sono state le prime difficoltà che il mondo del calcio mi ha messo davanti. Frequentavo le medie, al mattino andavo a scuola ed all’uscita c’era mia madre che veniva prendermi, mi portava all’appuntamento col pullmino e da lì un’ora e mezza di viaggio per recarmi agli allenamenti. Finiti gli allenamenti tornavo a casa, il tempo di cenare e poi facevo i compiti».
E poi il grande salto: «Questa sorta di ‘gavetta’ l’ho fatta per 4-5 anni. Poi all’età di 14 anni mi ha preso l’Inter, un altro grande salto. Un passo difficile, ho dovuto lasciare la mia famiglia, risiedevo a Milano in convitto. Però è stata un’esperienza positiva. A Milano avevo tutto attorno: campi di allenamento, scuola, svaghi. All’Inter mi hanno permesso di fare tantissime cose, tutte in maniera super perfetta. Quattro anni in convitto, poi gli ultimi 2 anni quando sono andato in prima squadra le cose sono cambiare. E’ stato l’anno più difficile, perché sono dovuto uscire dal convitto e sono andato a vivere da solo in un appartamento. Ho dovuto iniziare a fare tutto da solo anche se la vicinanza della mia famiglia non è mai mancata. I miei genitori appena potevano venivano a trovarmi».
Poi è arrivato il Frosinone: «Terminata questa esperienza all’Inter è stata una mia scelta uscire e venire in prestito qui a Frosinone. Per fare ulteriori esperienze. Qui sono arrivato l’ultimo giorno di mercato ma questa per me è una piazza molto importante che dà la possibilità ai giovani di crescere ed anche di sbagliare. A livello di squadra non stiamo attraversando un buon momento ma il gioco del calcio ti mette davanti subito un altro appuntamento con la possibilità di rifarti. E poi bisogna sempre pensare positivo. Perché la testa di ognuno di noi è la parte che conta maggiormente in questa disciplina. E’ un consiglio che mi sento di darvi: cullare sempre i vostri sogni».
Ci racconti l’emozione del primo gol in contro la Spal?
«Quando parlavo dei sogni, è un sogno bellissimo realizzare una rete in A. E quando è arrivata è stata una cosa indescrivibile. Mi sono tolto la maglietta ma posso dire che ci ho capito davvero poco anche se togliendomi la maglietta sapevo di andare a rimediare un’ammonizione».
Hai una squadra del cuore?
«Sono stato sempre tifoso dell’Inter, peraltro nella mia famiglia ci sono 3-4 generazioni di tifosi interisti».
Cosa ne pensi dei fatti di razzismo contro Koulibaly?
«Un aspetto negativo. Siamo nel 2019 ed è impensabile si parli ancora di queste cose. Un atteggiamento sbagliato, purtroppo tante volte negli stadi di sentono cori beceri e credo con forza che debbano essere debellate».
Dopo gli allenamenti come organizzi la tua giornata?
«Magari tante volte si pensa che il calcio ti occupi tutta la giornata. Noi ci alleniamo una volta al giorno tranne nella giornata in cui ci alleniamo due volte e quindi abbiamo tanti momenti liberi. Sono arrivato a Frosinone da pochi mesi, non conosco nessuno al di fuori dei miei compagni ma con loro riusciamo ad organizzarci e trovare momenti di svago».
Durante la partita senti la pressione dello stadio?
«Debbo dire di essere fortunato fin da piccolo perché non ho mai sentito la pressione. E’ giusto avere quella leggera tensione ma quando diventa troppa c’è il rischio che tu possa sbagliare. E invece mi piace concentrami sulla partita. Se vuoi diventare calciatore ad alto livello devi cecare di isolarti dalla presunta pressione che può arrivare da 50.000 persone».
Ogni bambino da piccolo sogna cosa farà da grande. E tu?
«Questa è una bella domanda. Da piccolo ho sempre voluto fare sempre il calciatore. Ma ancora adesso i miei genitori mi dicono di considerare un piano B una volta arrivato a quei 34-35 anni… Purtroppo io questo Piano B ancora non lo vedo all’orizzonte».
Il tuo idolo?
«E’ sempre stato Ibrahimovic fin da quando ero piccolissimo. Negli ultimi due anni mi sono allenato con Icardi, ho avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo anche fuori del campo e debbo dire che un bravissimo ragazzo. Mi ha aiutato molto. E poi le sue doti calcistiche sono innegabili».
L’avversario più difficile da affrontare?
«Skriniar, che conosco anche molto bene. E poi anche se non ho giocato quella partita, l’avversario che mi ha impressionato di più è stato Cristiano Ronaldo»
Il gol più bello?
«Quello alla Fiorentina. Sia come bellezza che come importanza».
(FrosinoneCalcio.com)
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