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Ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, il tecnico Stefano Pioli, attualmente alla Fiorentina, ha parlato del suo approdo all' Inter nella scorsa stagione e della sua avventura in nerazzurro finita poi con un esonero: "La storia del casting per allenare l’Inter fece effetto, ma guardate che lo fanno quasi tutti i club: ti dicono che ci sei solo tu e poi scopri che non è vero, la differenza di Suning fu farlo alla luce del sole. Quando mi chiamò Ausilio ero a New York, avevo appena avuto la proposta di un altro club di cui non dirò mai il nome: atterrai a Milano, lui e Gardini vennero a casa mia a Parma — “Per noi due sei il candidato unico” — e due giorni dopo incontrai la proprietà cinese. Il colloquio di lavoro più lungo della mia carriera: due ore in uno studio legale, interminabili traduzioni cinese-inglese-italiano, ma uscii soddisfatto: “Hai detto quello in cui credi, più di così non potevi fare”. Che ero in corsa con Marcelino e Zola lo seppi dalla tv, ma angustiarmi non serviva, tanto più che non si capiva bene di chi sarebbe stata la decisione finale. Nel tempo ho imparato bene una regola: mai perdere energie per cose che non puoi controllare".
SPALLETTI -"Le racconto questa. Dopo Parma-Roma 0-4 del 2006 Spalletti mi fa: “Manderei Andreazzoli a vedere una settimana dei tuoi allenamenti”. A febbraio, esonerato da poco dopo un 30 beccato contro la sua Roma, gli faccio: “Verrei a Trigoria con il mio staff”. Una settimana di chiacchierate, compreso il riesame della relazione del suo collaboratore. E’ per dire che fra allenatori magari non siamo amici,ma ci confrontiamo perché anche le nostre idee possono fare la differenza: non so in che percentuale, ma alcuni di noi fanno rendere i giocatori oltre le loro potenzialità e altri al di sotto. Dunque abbiamo la nostra importanza".
ESONERO -"Un esonero ti ferisce se arriva per colpa di rapporti deteriorati, o se ti lascia dei rimpianti. Per questo mi fece più male come finì alla Lazio — pentito di non aver capito certe dinamiche: così non incisi quanto avrei potuto — che all’Inter. Se ripenso all’Inter non ho rimpianti, né sassolini da togliermi: rifarei tutto allo stesso modo. So che quel crollo sembrò inspiegabile, ma in realtà non lo fu: spendemmo tanto in una rincorsa “folle”, impossibile, e il k.o. con la Samp fu lo spillo che sgonfiò all’improvviso il nostro involucro dimotivazioni.
Venute a mancare quelle il buco si allargò, finché il pareggio nel derbyal 97’ fece scoppiare tutto.Maoggi, anche grazie a certi risultati iniziali e rinforzi, l’ambiente è diverso da allora: comunque più solido, consapevole. E Spalletti è in panchina da luglio: un conto è iniziare una costruzione chiara da subito, un conto è subentrare".
(Fonte: Andrea Elefante, La Gazzetta dello Sport 4/1/18)
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