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Pirlo: “Da bambino tifavo Inter, Matthäus idolo. Gagliardini mi piace. Conte…”

Simona Castellano

Andrea Pirlo ha rilasciato una lunga intervista al Corriere dello Sport in cui ha parlato molto del suo passato.

Andrea Pirlo ha rilasciato un'intervista a Walter Veltroni per il Corriere dello Sport ed ha parlato del suo passato, che è stato in parte anche nerazzurro.

Ecco uno stralcio dell'intervista:

-Come ha cominciato a giocare da bambino?  

In casa o giù in giardino con mio fratello, con i miei cugini. Ho sempre giocato a calcio, la mia prima palla fu di spugna in casa. Il calcio: non ho mai pensato di fare altro. 

-Come era la sua stanza da bambino? Cosa c’era di calcio?

Poster di calciatori.

-Di che squadra era allora?

Io ero dell’Inter.

-E chi erano i suoi idoli? 

Matthäus, un centrocampista di qualità.

-L’allenatore più importante nella sua vita chi è stato? Quello che ha insegnato di più? 

Nel percorso della carriera tutti mi hanno dato qualcosa. A partire da Lucescu che ha iniziato a portarmi nella prima squadra a quindici anni. Lui mi ha dato lezioni tattiche, tecniche, mi ha spiegato cosa si fa giocando con giocatori professionisti. E poi ho avuto Mazzone a Brescia, ho avuto Ancelotti al Milan. E poi Conte, Lippi, ne ho avuti tantissimi bravi e mi hanno insegnato tutti qualcosa.

-Conte ha qualcosa di più, diceva...

Conte è quello che mi ha impressionato di più perché era il più penetrante, il più convincente. Era quello che riusciva a farti entrare nella testa le cose che diceva lui in pochissimi secondi, a farti capire quello che voleva. Così in campo venivano quasi naturalmente, le cose che si provavano. Era maniacale in qualsiasi cosa, in ogni piccolo dettaglio, metteva una grande pressione sui giocatori e adesso si vedono anche in Inghilterra i risultati di questo metodo, unico, di lavoro. 

-Come era giocare con Baggio?

Lui era il mio idolo fin da piccolo e ho avuto la fortuna di averlo prima all’Inter come compagno e poi di ritrovarlo a Brescia. Baggio era in primo luogo una persona fantastica. In campo era divino, aveva una classe fuori dal normale. Era una meraviglia vedere come toccava la palla, come si posizionava in campo. Era il massimo per me vederlo giocare da tifoso, giocarci insieme, ovviamente, lo era ancora di più.

-Esperienza che ricorda con più nostalgia? 

Nostalgia no, sono felice della mia vita da calciatore. Ho avuto la fortuna di militare nelle tre più grandi squadre d’Italia. Nell’Inter, anche se ho giocato poco, nel Milan e nella Juve. Ho vinto tutto quello che c’era da vincere, quindi più di così non potevo chiedere al calcio.

-C'è qualche giovane regista che vede nel calcio italiano o internazionale?

Sinceramente no. Che gioca come gioco io, no. Ci sono tanti giocatori bravi, ma non sono “registi” come lo sono io. Mi piace molto Verratti ma non gioca come me. Mi piace Gagliardini dell’Inter, ma ha un ruolo differente dal mio. 

-I giovani giocatori italiani che le piacciono di più?

A parte Verratti, che ormai è già affermato, mi piacciono Berardi, Gagliardini, Donnarumma, Rugani, Di Francesco, Chiesa, Bernardeschi. E poi mi piace molto Belotti. È una generazione di qualità. Capita, nel calcio.

-Quanto conta in una squadra il fatto che ci sia un nucleo di giocatori italiani? 

Secondo me è fondamentale. L’ho sempre detto. Al Milan eravamo un grande gruppo di italiani e come nucleo storico abbiamo vinto. Alla Juventus uguale, all’Inter c’è stato il nucleo degli argentini che però era come se fossero italiani e hanno vinto. Quando c’è una base solida di italiani, quelli che arrivano prendono esempio dalla solidarietà di quel nucleo e poi si tira tutti dalla stessa parte.

(Fonte: Corriere dello Sport)