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Pirlo: “Inter? Era il massimo, ma meglio andare. Ho una spina: non aver giocato per…”

In una lunghissima intervista concessa a Marca Plus, Andrea Pirlo ha raccontato tanti aneddoti della sua carriera. Inter, Milan e Juve al centro dei discorsi, ma non solo: è rimasta una spina incastrata per non aver giocato nel Real Madrid o nel...

Dario Di Noi

Andrea Pirlo ha un fascino che all'Italia hanno invidiato tutti: vedendolo all'opera nelle migliori squadre italiane e in Nazionale, in tanti hanno imparato ad apprezzare la sua 'arte'. In Spagna, ad esempio, lo hanno spesso venerato, considerandolo uno dei giocatori azzurri più forti del secolo. 'Marca Plus', la rivista del noto quotidiano iberico, lo ha intervistato ed ha raccolto una serie innumerevole di aneddoti.

AMERICA - "Perché ho lasciato il calcio d’elite? Dopo 20 anni di carriera al massimo livello, senti il bisogno di prendere le distanze e di divertirsi giocando a calcio, ma con meno stress. Però ero ancora titolare in finale di Champions League? Lo so. Era già tutto pianificato. Una volta raggiunto il livello di stress non più superabile, quando mentalmente mi sarei sentito bloccato, avevo chiaro in testa il pensiero di dire basta. E questo momento è arrivato quando è finita la finale di Champions contro il Barça".

BAGGIO - "Cresciuto a Brescia all’ombra dell’idolo italiano Roberto Baggio? Era anche il mio idolo. Per un ragazzo che inizia, giocare con il proprio idolo è un sogno, e io sono riuscito a realizzarlo. Dal momento in cui ho saputo che mi sarei allenato con lui, semplicemente sono diventato impaziente. Non potevo aspettare".

INTER - "Sono arrivato in un momento difficile per il club, che aveva cambiato tanti giocatori e altrettanti allenatori in quei tempi. Però era la mia squadra preferita e mi fece sognare molto poter giocare lì. Per me era il massimo. Fu la prima volta che lasciai casa, anche se non fu traumatico perché Milano è comunque molto vicina a Brescia. Ero distante dalla mia famiglia solo un’ora di strada e non era una gran problema, perché avevo 18 anni ed ero pronto per vivere quell’esperienza. Sfortunatamente, non ho trovato la continuità e ho preferito andare via. Ai rivali del Milan? Sono cose che capitano. E’ successo a me e così ad altri, non è niente di speciale. L’Inter non aveva fiducia in me e io ho voluto provare una nuova avventura al Milan, facile".

MILAN - "Com’è stato firmare per un club in cui avrei avuto la concorrenza di Rivaldo, Rui Costa e Kakà? Sapevo che sarei arrivato in un club pieno di campioni, ma piano piano sono riuscito a trovare il mio spazio. Ero convinto delle mie capacità e di quello che avrei potuto offrire su un campo da gioco. Avevo solo bisogno di un’opportunità per dimostrarlo".

ANCELOTTI - "Come mi ha convinto ad arretrare? Perché quando giocavo in avanti, il mio stile di gioco non era portato per fare gol, ma per aiutare la squadra a fare calcio. Io non ero un egoista che pensava solo a segnare, preferivo che lo facessero i miei compagni. Per me, la cosa fondamentale era ricevere il pallone ed essere al centro del gioco. Un cambio rivoluzionario per il calcio italiano? Lo so. Prima si preferiva un giocatore più difensivo, a cui dare il compito di rubare palla e non di costruire il gioco. Abbiamo provato a fare qualcosa di diverso ed è andata bene. Da quel momento in poi, altri giocatori hanno provato a cambiare il proprio stile di gioco. Come mai parlano tutti bene di Ancelotti? E’ una persona fantastica e un allenatore straordinario. E’ un piacere parlare con lui e trascorrerci del tempo assieme. E’ come se fosse un membro in più della famiglia, e per questo tutti i giocatori lo vogliono".

RIGORI - "Come si trasforma il momento più intenso di questo sport in un’arte? Senti molta pressione quando un rigore può decidere se vinci un Mondiale o una Champions. Sono momenti unici della tua vita. Dipende da come ti senti in quel momento, dalla lucidità e dalla fatica arretrata. E’ pesante perché sai che quello che succederà potrebbe determinare la carriera di un giocatore. I miei cucchiai con l’Italia? Ci sono molti giocatori che preferiscono non tirare i rigori, per la tensione e per il timore di sbagliarli. Se rispondi così è perché in quel momento ti viene così. Non posso spiegare perché, non è una decisione che si prende prima. Per me è un qualcosa di naturale".

ISTANBUL - "Ricordo che all’intervallo parlammo molto poco, perché quando vinci 3-0 puoi solo dire che si deve restare concentrati. Abbiamo avuto altre occasioni per segnare ancora più gol, poi ne abbiamo presi tre dal Liverpool in sette minuti. E’ una partita irripetibile, e purtroppo è capitata a me. E’ stata, senza dubbio, la sconfitta più dura della mia carriera".

GUARDIOLA - "Se è stato uno dei giocatori a cui mi sono ispirato? In realtà no. Mi piaceva il suo calcio, ma in quel momento non pensavo che avrei mai occupato la sua stessa zona di campo. Ero una mezzapunta e, oltre a Baggio, ammiravo Mancini e Platini. Cosa ne penso del Pep allenatore? E’ il numero uno, senza dubbio, per quello che ha fatto nel Barcellona e pure nel Bayern Monaco. Oltretutto è una persona che ho avuto il piacere di conoscere: lo apprezzo molto e lo stimo. Cosa ho provato quando mi ha confessato di volermi prendere? Come si fa a non voler andare lì! Eravamo davanti alla miglior squadra del mondo e lui mi disse che avrebbe voluto prendermi in squadra. Mi ha ricevuto nel suo ufficio dopo una partita, abbiamo parlato per molto tempo. Oggi comunque ci chiamiamo spesso, perché abbiamo amici comuni a Brescia".

REAL MADRID - "Nel 2006 dissi sì al Real Madrid? Sì. Qualunque giocatore vorrebbe giocarci. L’allenatore era Fabio Capello e circolavano molti rumori sul futuro del Milan per lo scandalo di ‘Calciopoli’. Il Milan non mi lasciò andare e mi fece un nuovo contratto. Mi ha fatto male il fatto che il Milan non permise di andare al Barça o al Real? Beh, è vero che purtroppo non mi hanno lasciato andare, ma allo stesso tempo ho passato 10 anni al Milan vincendo tutto quello che si poteva vincere. E inoltre ho giocato in tutte e tre le squadre più forti d’Italia. Mi resta un conto in sospeso? Sì, mi resta una spina incastrata per non aver giocato nel Real Madrid o nel Barcellona, perché giocare lì credo sia il sogno di tutti i calciatori, ma mi considero soddisfattissimo per aver giocato in altre squadre fortissime in Italia".

JUVENTUS - "Venivo da 10 anni al Milan e avevo finito gli stimoli. Avevo bisogno di un’altra squadra con un progetto nuovo, che fosse comunque vincente. La Juve era perfetta perché non vinceva da molto tempo e debuttava nel nuovo stadio. Era il posto migliore per cominciare a costruire".

MESSI - "E’ incredibile, è il miglior giocatore del mondo. Tutto quello che ha fatto in questo tempo è un qualcosa di irripetibile. Penso che non ci sarà più un giocatore come lui nei prossimi anni".

FUTURO - "Che farò dopo New York? Penso che rimarrò legato al calcio, perché è l’unica cosa che so fare. Il calcio è la mia vita, perciò mi piacerebbe essere dirigente o qualcosa di simile".

(Fonte: Marca Plus)