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Nasceva il 5 novembre 1909 a Somma Lombardo Angelo Moratti, papà di Massimo. Fu un imprenditore brillante e volenteroso, uno di quelli che sapeva intuire in uno scenario in evoluzione una potenzialità. E la coglieva. Dai combustibili alla centrale elettrica, dalla ceramica al petrolio, Angelo non si ferma un momento, se non quando lo obbliga la guerra. La compagna di una vita si chiama Erminia Cremonesi: i due si sposano nel 1939 e dalla loro unione nascono 5 figli. Sono tempi in cui il lavoro e la famiglia rappresentano valori da costruire giorno per giorno, con costanza e amore. Come quello per l’Internazionale, che nasce improvviso e spietato sugli spalti di uno stadio, contagiato dall’entusiasmo di Lady Erminia. Angelo fa due conti e il 28 maggio 1955 rileva l’Inter. Da quel giorno la dinastia Moratti e la beneamata legano i loro destini in maniera indissolubile. I primi anni sono per Angelo parchi di soddisfazione, anche se non di spettacolo. Il suo estro e la fantasia lo portano ad osare. E il tempo gli da ragione. Arriva Helenio Herrera a dirigere la squadra: il Mago. E’ lui che dopo alcuni tentativi e grandi polemiche sui suoi metodi (concentrazione e lavoro, non c’è posto per primedonne!) regala all’Inter prima lo scudetto e poi quel trofeo che solo a nominarlo vengono i brividi, la Coppa dei Campioni. Gli eroi di quell’epoca sono Sarti, Burgnich, Facchetti, Tagnin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Milani, Suarez, Corso. Il Real Madrid, esportatore dell’arte del futbol, è battuto dall’Inter, che in quel 27 maggio 1964 si gode il trionfo internazionale insieme al suo presidente, Angelo, che tanto lo agognava. Con Angelo l’Inter vince tre scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Una Grande Inter. La Grande Inter. Tra i calciatori che amò di più e che erano considerati i suoi pupilli c’erano Angelillo, Benito Lorenzi e Mario Corso. Un amore che sapeva dimostrare con compensi generosi e un’attenzione al privato quasi da padre. Il 14 agosto 1981 al suo funerale c’è una folla immensa, non solo di tifosi ma anche di gente comune, che aveva intuito la signorilità dell’uomo, prima che dell’imprenditore.
Sono passati cent’anni da quel 5 novembre e la memoria corre veloce tra guerre e momenti di pace, tra delusioni e gioie troppo grandi per essere descritte fedelmente. E' la storia di un Paese e della sua gente. Rimane il ricordo di un grande uomo e la sua eredità. Oggi come ieri questa Inter ha voglia di affermare la sua grandezza oltre ogni confine. Oggi come ieri può farcela. Anche per lui, che ci ha sempre creduto. Lui, il signore del calcio milanese o semplicemente Angelo.
Immagine utilizzata su gentile concessione di F.C.Internazionale
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