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In attesa di rivedere, prima possibile, la Milano del calcio ai fasti di un tempo, le due società - come sottolinea la Gazzetta dello Sport di questa mattina - si stanno muovendo nella giusta direzione per creare tutte le condizioni favorevoli: "Guardando alle potenzialità economiche e ai bacini d’utenza, soltanto le due milanesi hanno le caratteristiche per insidiare e forse agganciare la locomotiva bianconera. In fondo è sempre stato così, solo che con il tramonto del mecenatismo meneghino e la contestuale trasformazione della Juventus in un’azienda vera e propria le strade si sono separate. Archiviate le stagioni di Thohir e Li Yonghong, ora Inter e Milan sono pronte a lanciare la sfida al vertice. Con una precisazione: in questa rincorsa i nerazzurri sono davanti, e non solo in classifica. Non si può non rendere merito a un progetto ben più avviato, quello del colosso cinese di Nanchino, che ha rilevato il controllo dell’Inter nel giugno 2016 cercando di far crescere la struttura con l’esposizione del marchio in Asia. Più fresche nei ricordi le peripezie dell’ineffabile Li, che consegnando il Milan al fondo Elliott sette mesi fa, ha anche lasciato in eredità zavorre pesanti: a dire il vero anche Fininvest, visto che le sanzioni del fair play Uefa si riferiscono al triennio 2014-17, in attesa di capire cosa ne sarà del -126 milioni del bilancio 2017-18".
Molto passa ovviamente anche dalla questione stadio. Sottolinea la rosea: "L’Inter ha già superato la Juve nel segmento commerciale, grazie alle partnership asiatiche da 100 milioni, e da questa stagione farà fruttare la presenza in Champions. Irrinunciabile, però, è il progetto di valorizzazione dell’area di San Siro: la Juve, con un impianto più piccolo, incassa quasi il doppio. Basti pensare alla possibilità di ampliare l’hospitality del Meazza dal 4 al 12%. Uno stadio tutto nuovo, in coabitazione con il Milan, che parte indietro, considerato il calo dell’appeal commerciale. Ai tempi di Berlusconi i rossoneri dettavano legge nel marketing: l’a.d. Gazidis è al lavoro per risollevare il marchio, che all’estero ha grande fascino. Elliott, d’altronde, non si accontenta di un progetto di corto respiro. Dopo aver rifiutato un’offerta di 620 milioni del tycoon ceco Daniel Kretinsky, il fondo di Singer punta a un piano di sviluppo di 2-3 anni per ottimizzare l’asset rossonero e rivendere eventualmente il Milan a 1,2 miliardi".
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