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«Ho avuto contatti con il mio amico Beppe Marotta e con Florentino Perez del Real Madrid, proponendo un gesto solidale verso i loro Paesi, in un momento molto difficile per tutti, ma soprattutto per Spagna e Italia, con scene che mi hanno più che spaventato. Quindi abbiamo deciso per un’ iniziativa di solidarietà». Karl-Heinz Rummenigge, AD del Bayern, ha parlato a La Gazzetta dello Sport della situazione in Germania e in Italia e della possibile ripartenza.
Come può farlo il calcio?
«Con un gesto anche di amicizia e solidarietà tra popoli, spero che lo facciano anche altre società. Il mini torneo a tre partite fra Bayern, Inter e Real Madrid si chiama European Solidarity Cup. In Germania inviteremo circa 5.000 tra medici, infermieri e personale sanitario, per onorare anche il loro lavoro, perché sono stati degli eroi. Tutti i ricavi saranno divisi in due parti tra Italia e Spagna, per acquistare materiale sanitario. Non abbiamo fissato date. Estate 2021, eventualmente».
Con l’Inter oltre al torneo benefico avete parlato anche di Perisic, in prestito da voi? Il 15 maggio è passato.
«Non abbiamo parlato perché Perisic è appena tornato a disposizione dopo l’infortunio al piede. Con Marotta però ho un rapporto veramente molto cordiale, vediamo quando farà qualche partita ci parleremo, perché anche il giocatore vorrà sapere dove giocherà».
E lei non lo sa dove giocherà la prossima stagione?
«Non è ancora deciso…».
In Serie A ora sono stati permessi gli allenamenti in gruppo: consigli per la ripartenza?
«Il concetto di igiene, o protocollo sanitario, è la soluzione di tutto, anche in Italia è importante convincere la politica con questo concetto, perché la politica ti dà il permesso soltanto quando tu sei in grado di convincerla. Ha la responsabilità per tutto il popolo, e dà fiducia soltanto se è persuasa che tutto possa andare bene».
Orgoglio o umiltà per la Bundesliga in campo?
«Tutti e due. L’orgoglio di essere stati capaci di ripartire, ma importante è stato anche prendere la situazione generale con umiltà. Credo che il calcio debba ringraziare la politica tedesca, ma bisogna restare umili al riguardo della situazione, catastrofica e mai capitata. Siamo contenti di aver ricominciato, circa 200 nazioni di tutto il mondo hanno seguito il via che ha avuto due aspetti positivi. Siamo stati capaci di ripartire per primi; ha funzionato il concetto di igiene, il protocollo, perché questo è stato il nodo per ottenere il via libera dalla politica. Anch’io ero un po’ nervoso, ma anche curioso. Pur senza spettatori, ma ho visto in tv che tutte le squadre hanno giocato in modo serio, molto normale».
È stato un successo di audience ovunque. La gente aveva tanta fame di calcio?
«Sì, e può essere usato come un passo verso la normalità. Da noi ci sono state delle critiche anche prima di giocare: alcuni si chiedevano perché il campionato dovesse ripartire e alcuni politici ci hanno criticato. L’importante era convincere che il calcio non è importantissimo, rispetto al sistema della società, ma è un passo verso la normalità che la gente vorrebbe».
Da ex giocatore: tutte le regole del protocollo sono attuabili in campo?
«Penso di sì, ma sono basate sul fatto che i giocatori le prendano in modo serio e che siano molto disciplinati. In questa settimana c’è una quarantena a due zone. C’è la zona Bayern, che comprende allenamenti e partite con ritiro. La zona numero due è a casa: ai giocatori è permesso solo di avere contatto con la propria famiglia, che è stata testata. Niente amici, nient’altro che moglie figli. Se i giocatori sono seri e disciplinati, c’è la chance di finire il torneo».
Al primo positivo cosa succede? Timori?
«Abbiamo un po’ timore, però le squadre seguono anche un “protocollo di contatto”, quindi si può sempre provare con chi hanno avuto contatto i giocatori, anche in allenamento. Noi filmiamo ogni seduta per provare alle autorità sanitarie con chi ha avuto vicinanza l’eventuale positivo, per evitare che tutta la squadra debba andare in quarantena».
La Bundesliga va in fuga rispetto alle altre Leghe?
«Secondo me è una motivazione, non andiamo in fuga. Siamo stati i primi a riaprire, ma può essere anche una motivazione in più per gli altri Paesi, per una collaborazione con i politici, affinché in Italia, Spagna o Inghilterra si faccia così, si guardi all’esempio della Germania. Io incrocio le dita perché ricominciate anche in Italia: l’importante è ripartire».
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