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Sacchi: “Inter? Pratica il non gioco. Difende con tutti, attacca con pochi. Ma Lukaku…”

Gianni Pampinella

In una lunga intervista al Corriere della Sera, Arrigo Sacchi ha parlato della lotta scudetto ed è tornato sulla vittoria dell'Inter

In una lunga intervista al Corriere della Sera, Arrigo Sacchi ha parlato della lotta scudetto. Dopo la sconfitta del Napoli contro l'Inter, per l'ex tecnico è tutto riaperto: "Direi di sì".

L’ha sorpresa un Napoli così timido a San Siro?

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«Alcuni giocatori non sembravano quelli che abbiamo visto finora: mi sono chiesto se Kvaratskhelia fosse il fratello gemello...».

Spalletti deve allarmarsi?

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«Non è una catastrofe, ma deve ritrovare mentalità vincente, entusiasmo, generosità, passione. E quel gioco brillantissimo fatto finora».

È un’Inter da rimonta?

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«Ha giocato la sua partita: primo non prenderle, difendere con tutti e attaccare con pochi. Però è stata più pericolosa del Napoli».

Inzaghi ha esaltato la voglia dei suoi di aiutarsi.

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«L’Inter ha una grande rosa: Lukaku e Dzeko sono bravi e poi ne entrano altri due di grande valore. Ma per me una squadra deve essere un collettivo, dove tutti praticano l’aspetto offensivo e quello difensivo, in continua evoluzione, uniti da un filo invisibile che è il gioco. E in Italia di squadre così ce ne sono veramente poche».

Per Spalletti il lavoro da fare è soprattutto mentale?

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«A Milano e a Torino c’è una mentalità vincente. A Milano più nel Milan che nell’Inter, che pratica un calcio tattico, con una prevalenza del non gioco, dove si confida nel singolo o nel contropiede».

È Lukaku che favorisce questo atteggiamento?

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«Lukaku si sta muovendo come non si era mai mosso e migliorerà ancora. È proprio un problema del calcio italiano. I padri fondatori di questo sport lo avevano pensato come uno sport offensivo, ma in Italia si è trasformato in individuale e difensivo. Questo ci ha permesso di vincere qualcosa, ma mai pensando di essere i più bravi. Sa cosa mi disse Pelé a Euro 2000?».

Che cosa ?

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«“Avete dei buoni giocatori, ma non giocano mai al calcio”. Ed era vero. Perché per noi il calcio non è coraggio, non è bellezza. E senza queste cose non c’è innovazione».

(Corriere della Sera)