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Dal punto di vista tattico ci potranno essere novità significative?
—«Spero che aumentino gli allenatori strateghi, quelli che non pensano soltanto alla difesa e al contropiede, ma lavorano per costruire una squadra dove tutti partecipano all’azione. Se si guarda l’albo d’oro della Champions League, si vede che i vincenti sono sempre gli strateghi e non i tattici».
Che cosa vorrebbe vedere in questo torneo?
—«Gioco armonioso, bellezza, velocità, onestà in campo, correttezza nei comportamenti da parte dei giocatori, degli allenatori e dei dirigenti. C’è bisogno di educazione in questo ambiente. Non se ne può più di vedere gli arbitri accerchiati dai giocatori. Serve un maggiore rispetto».
Che cosa dovrebbero imparare le squadre italiane dopo l’esperienza dell’Europeo?
—«Una cosa abbastanza semplice, che però in Italia non si sa perché quasi mai siamo riusciti a mettere in pratica: si vince con il collettivo, e non col singolo. Se hai un gioco e una squadra che si muove in modo armonico, sei a buon punto. Poi servono grande spirito di sacrificio e elevate motivazioni».
Quanto incideranno le coppe sul campionato?
—«Peseranno parecchio. Soprattutto prima di una gara internazionale le energie se ne vanno: si pensa a quell’impegno e non ci si riesce a concentrare sul campionato. E dopo le sfide europee, spesso, bisogna fare i conti con gli infortunati. Il guaio è che si sta giocando troppo, non c’è il tempo per allenarsi bene. Serve darsi una regolata, perché ne può risentire lo spettacolo. E se non c’è più spettacolo, il pubblico si stanca alla svelta e il giochino finisce».
(Gazzetta dello Sport)
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