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Sconcerti: “Campionato particolare. L’Inter resta la più forte ma…”

L’analisi di Sconcerti sul campionato di quest’anno, che dopo 5 giornate non presenta nemmeno una squadra imbattuta: Sembra iniziato in tutta Europa un cambio generazionale che coincide con la stanchezza di tanti campioni È un...

Daniele Mari

L'analisi di Sconcerti sul campionato di quest'anno, che dopo 5 giornate non presenta nemmeno una squadra imbattuta:

Sembra iniziato in tutta Europa un cambio generazionale che coincide con la stanchezza di tanti campioni

È un campionato molto particolare. Nessuno è più imbattuto, cosa rara dopo cinque partite. Tra la prima e la penultima ci sono appena 5 punti. Accanto all'Inter, in testa, c'è la Lazio, cinque mesi fa dodicesima in campionato. È una stagione strana ma non è chiaro ancora dove sia la stranezza.

Da 25 anni non c'è più un campionato pazzo vinto da qualcuno che non sia della nomenclatura. L'ultima volta fu il Verona di Bagnoli appunto nel 1985. Allora dopo cinque giornate il Verona era in fuga, il Milan quarto, l'Inter sesta, la Juve ottava, la Roma dodicesima. Qualcosa del genere sta accadendo e potrebbe anche resistere. Nessuna delle grandi squadre è completa tranne l'Inter che però è alla sua quinta rincorsa e non si è rinforzata. È difficile, ma non escluso che qualche squadra della buona borghesia riesca a fare un salto di qualità. In questo momento viene da dire la Lazio, molto ben chiusa in difesa e capricciosa in attacco con i suoi solisti (Floccari-Hernanes-Zarate-Mauri). Ma anche il Napoli di Cavani non impiegherà tanto tempo a capire il suo equilibrio. Si parla per colorare un'utopia, l'Inter in realtà è ancora la più forte.

Però qualcosa di diverso c'è, quasi dovunque. In Germania è in testa il Mainz, la vecchia Magonza delle città libere renane. In Spagna Real e Barcellona sono dietro al Valencia. In Francia è tornato il tempo del Saint Etienne, il vecchio club di Platini, silente da almeno 25 anni. In Inghilterra, nel fine settimana, Chelsea, Arsenal e Manchester hanno fatto un punto in tre. È presto per tutto, per dire che stiamo cambiando ma anche per dire che siamo sempre gli stessi. Un anno fa, uscito Milito, l'Inter avrebbe messo Balotelli. La Roma aveva 2 punti in più e la Juve addirittura 6. Solo il Milan è in crescita, un punto in più, ma è una crescita lenta che non giustifica niente, né entusiasmo né pessimismo.

C'è qualcosa di nuovo dentro il calcio che non è ancora distinguibile. I Mondiali hanno segnato la fine di lunghe generazioni. Solo da noi sono arrivati un centinaio di giocatori nuovi, italiani e stranieri. Ne cito alcuni come fossero un paradosso: Nainggolan, Hetemay, Kone, Schelotto, Parolo, Ceccarelli, Von Bergen, Liaijc, Gulan, Mesbah, Ofere, Piatti, Eder, Cordova, Fernandez, Marques, Abdi, Pinilla, Ilicic, Bacinovic, Obiang, Rudolf, Sosa, Hernanes. Giocatori sconosciuti, oggi quasi tutti titolari. Si può dire a priori che l'arrivo di questa piccola orda non abbia alterato nessun equilibrio? Io non lo so, sinceramente. C'è in tutta Europa una stanchezza dei grandi giocatori e insieme una loro resistenza davanti al nuovo che avanza. Ma c'è anche qualcosa di diverso che si muove dal profondo del calcio.

Sarebbe sciocco non studiare questa diversità, non cercare di capirla. Tra i nuovi che cambiano gli equilibri va di diritto messo Milos Krasic, tre gol al Cagliari, un'ala vecchio tipo, un po' arruffona ma devastante. La Juve dell'ultima generazione è a sua immagine, molto fisica, molto di corsa, abbastanza complessa. Non è il caso di riaprire il discorso sul futuro. Di sicuro è una Juve che fa parte delle novità, non del consueto.