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Lunga intervista concessa da Stefano Sensi alla Gazzetta dello Sport direttamente dal ritiro estivo di Lugano. Il centrocampista ha parlato di passato, presente e futuro con estrema chiarezza. Queste le sue parole:
Davvero con Conte si entra in un’altra dimensione?
«È come me l’ero immaginata, l’Inter. Comincio una nuova vita, ma sembra di essere qui da sempre».
Ok, ma non dica che Conte non l’ha sorpresa?
«Ha un approccio particolare con noi giocatori. È un uomo di grande impatto. Domenica sera, appena arrivati in ritiro, ha riunito la squadra e ci ha detto: “Inutile che vi dica troppe cose, sappiate però che i miei concetti di base sono due: educazione e rispetto. Fate sempre riferimento a quelli”. Ha ragione lui. Perché è inutile porre troppo regole alla squadra, quelle se le dà automaticamente ogni spogliatoio. Alla fine di tutto, se ti comporti con educazione e rispetto le tiri dentro tutte, impossibile sbagliare».
Come si è ritrovato all’Inter? Tutti la davano al Milan...
«È stata una sorpresa anche per me. Un giorno mi ha chiamato il mio agente, mi ha parlato della possibilità, neppure gli ho dato il tempo di finire il discorso. Mi si è riempito il cuore di gioia, ho fatto la scelta migliore. E questi primi giorni me l’hanno già confermato».
E la Juve? C’è mai stato qualcosa?
«Al Sassuolo arrivai in effetti con la regia della Juventus. Ma non ho tempo per guardare indietro».
Ha mai pensato nella sua vita “mi sa che non ce la faccio ad arrivare”?
«Sì, ne ho parlato anche con Carnevali. Il primo anno al Sassuolo. il salto dalla B alla A, intorno a me era cambiato tutto. Facevo errori legati alla giovane età, sbagliavo strada molto semplicemente. Mi ero ritrovato dentro una cosa troppo grande. Per fortuna ho imparato dagli errori. E grazie alla mia ragazza e alla mia famiglia oggi sono qui. Sono stati loro a rimettermi in carreggiata».
È vero che alla sua fidanzata ha dedicato anche un tatuaggio?
«Sì (mostra la mano, ndr), questo qui: è un panda, lo stesso che ha lei. È frutto di una nostra promessa d’amore».
Vicino a Sensi s’affaccia Ranocchia, che gli fa una battuta sull’altezza. Risate.
Ma è vero che qualcuno diceva che lei non sarebbe mai arrivato per colpa della sua stazza?
«Sì, c’era chi sottolineava questa cosa. Io accetto tutto, eh. Tanto poi la risposta migliore l’ho data con la Nazionale. Sa come ho segnato il mio primo gol in azzurro? Di testa...».
Magari con 10 centimetri in più non sarebbe stato uno dei massimi esponenti italiani del tiki taka...
«In questo senso devo tutto a Fernando De Argila. Spagnolo, ha vissuto in Catalogna, le sue idee di calcio ne erano influenzate. Mi ha allenato a San Marino. È stato il primo a credere davvero nelle mie caratteristiche, mi ha imposto anche di fronte a chi non accettava il mio modo di giocare. Del suo calcio mi porto ancora dietro un segreto: “Decidi prima la giocata che vuoi fare, guarda dove vuoi andare prima che ti arrivi il pallone”. C’è tutto, in quelle parole. E me le sono ritrovate anche con De Zerbi, stessa filosofia di gioco».
Lei arriva in una squadra di grande tradizione, tra registi e centrocampisti.
«Il fenomeno era Cambiasso: incredibile, riusciva a far girare la squadra non toccando il pallone, lo guardavo e dicevo “ma come fa?”. Ma il mio idolo è sempre stato Xavi».
L’ha mai incrociato?
«Mai. Ma è come fosse di famiglia: sono cresciuto guardando le sue partite, ho sempre tifato Barcellona da bambino, dai suoi filmati rubavo con l’occhio, nel mio gioco c’è qualcosa di quel tipo di calcio. Ma ero pazzo di football in generale, guardavo qualsiasi match, campionato brasiliano e argentino, davvero di tutto».
Il regista dell’ultima Inter è stato Brozovic. Come giocherete insieme?
«Lo reputavo un grandissimo prima di arrivare qui, in questi pochi allenamenti ne ho avuto la conferma. Dico questo: lui sarà uno stimolo per me, ma pure io lo sarò per lui».
Conte le ha già fatto vedere qualche video di Pirlo?
«Ancora no...».
Scherzi a parte, il tecnico ha detto: «Non mi pongo limiti». Pronti a lottare anche per lo scudetto?
«La mia idea è che il lavoro paga sempre. E l’ambizione non deve mai mancare. Ecco: ho già capito che la squadra avrà questa mentalità».
Non ha risposto. Proviamo così: più facile arrivare a vincere l’Europeo con l’Italia tra un anno o un trofeo con l’Inter nella prossima stagione?
«Tutte e due si può dire?».
No...
«Penso che l’Inter abbia tutto per iniziare a vincere già da quest’anno. Ce lo ha detto anche il presidente».
Prego?
«È stato qui in ritiro, ho parlato personalmente con lui al momento della firma del contratto. Mi hanno impressionato le sue idee. Mi ha detto: “Dobbiamo riportare tutti insieme l’Inter dove merita di essere”».
Vista da fuori: cosa è mancato alle ultime Inter? Perché non hanno alzato alcun trofeo?
«Non si può dire mancassero i giocatori. Credo sia stato un problema di mentalità vincente assente. E in questo senso Conte può rappresentare la svolta».
Da fresco compagno di squadra, come si vive con due separati in casa come Icardi e Nainggolan?
«Fanno parte del gruppo, a tutti gli effetti, sono con noi. Poi sul resto non entro, ne ha parlato la società».
Conte ha detto: «L’allenatore bravo è quello che migliora i suoi giocatori». In cosa deve crescere Sensi?
«In tutto. Una in particolare: sarò anche basso, ma dovrei comunque migliorare nel timing sul gioco aereo, nella storia del calcio ci sono stati ottimi colpitori non alti».
Capello, in un’intervista recente: «A un presidente oggi chiederei di acquistare Sensi e poi Barella».
«Le ricordo bene, quelle parole. Sono le cose che ti aiutano ad accelerare, a non sederti. E poi Barella è un grande».
Cos’è, un endorsement?
«L’ho conosciuto, mi sono trovato molto bene con lui in Nazionale. Vorrei tanto mi raggiungesse all’Inter».
Chi è il centrocampista più forte in circolazione?
«Due nomi: Pjanic, impressionante. E l’altro è Verratti».
Quali sono le due partite che l’hanno segnata di più? Una da tifoso e una da calciatore.
«Da tifoso Barcellona-Psg 6-1, ritorno degli ottavi di Champions 2017. Da giocatore è semplice: Sassuolo-Crotone, il mio primo gol in Serie A, un’emozione fortissima e che spesso mi torna in mente».
Prossimo passaggio: il match che vorrebbe disputare domani mattina con l’Inter, so fosse possibile?
«Ne ho in testa due, da quando ho firmato. La prima è il derby, Inter-Milan ha un fascino enorme. E l’altra è Inter-Barcellona».
Quando si gioca?
«Ho sempre tifato per loro, spero mi capiti di affrontarli in Champions: aspetto il sorteggio dei gironi...».
Lei da bambino faceva il portiere: la maglia numero 12 è dovuta a quello?
«No, assolutamente. È un numero che ho scelto al Sassuolo perché mi differenzia dagli altri, non è usuale per un calciatore di movimento. Ci sono molto affezionato, lo terrò anche qui».
Lei è molto determinato. Ma ce l’ha un segreto? Dove trova la forza?
«In questo tatuaggio (fa vedere il braccio, ndr). C’è scritto “it’s not the end until you give up”, non è la fine finché non ti arrendi. È una frase di Nick Vujicic: una volta ho visto per caso uno dei suoi discorsi su youtube, è un uomo nato senza braccia né gambe, ha una forza di volontà incredibile, è un motivatore che ti fa pensare. Ogni tanto mi metto lì e lo ascolto».
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