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Simeone: “Euroderby, mi auguro passi l’Inter. Mi piacerebbe tornare in Italia. Spesso…”

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Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, il tecnico dell'Atletico Madrid ha toccato diversi temi

Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Diego Simeone affronta diversi temi. Il futuro, la nuova generazione di calciatori e anche l'attesissimo euroderby. "A questi livelli non ci può essere una favorita. Contano anche i più piccoli dettagli. Anche se mi auguro passi l’Inter", dice il tecnico.

Lei è un totem all’Atletico e una bandiera di Inter e Lazio: ha mai pensato di tornare in Italia ad allenare?

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«Sì. Quando lo feci a Catania maturai molto il mio approccio con la squadra, le mie idee. Non so quanto ancora potrò allenare, ho 53 anni: altri 5? Di sicuro il nostro è un mestiere stressante. Ma poi penso che sono bastati pochi giorni di vacanza per farmi tornare la voglia di rientrare in campo. Il prato è come una droga per noi. Spesso mi capita di incontrare tifosi interisti e laziali che mi chiedono di tornare. Chi può saperlo? Di sicuro mi farebbe piacere».

Simeone: “Euroderby, mi auguro passi l’Inter. Mi piacerebbe tornare in Italia. Spesso…”- immagine 2

Almeyda, Sensini, Simeone, Veron, dopo lo scudetto pure Crespo e Lopez: quella Lazio era molto Argentina.

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«Vero. Ma c’erano tantissimi altri giocatori fortissimi, ogni allenamento era una battaglia. Una volta ricordo che Mancini scattò ma io non gli passai la palla e si arrabbiò. Gli dissi: non saresti arrivato sul lancio. Lui rispose: “Dovevi fare un passaggio dietro la linea difensiva, non un lancio”. Aveva ragione. Quella frase mi rimase impressa e oggi lo insegno ai miei giocatori. Non eravamo grandi amici ma da quel gruppo sono venuti fuori buoni allenatori. Io e Veron non ci prendevamo, non ci parlavamo, ma in campo ci capivamo. Penso all’assist per il gol con cui abbiamo battuto la Juve a Torino. Una rete decisiva per lo scudetto».

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Dopo dodici anni all’Atletico dove trova gli stimoli a restare nello stesso posto?

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«Ho un altro anno di contratto, vedremo che succederà. Gli stimoli li trovi perché in club così spesso cambi giocatori e devi sistemare il modo di stare in campo. E poi il calcio è cambiato».

In che senso?

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«La nuova generazione è diversa e cambia anche il modo di allenarli e di farli stare in campo. Penso a Godin e a quella generazione di calciatori con cui abbiamo vinto un po’ di anni fa all’Atletico: oggi sarebbe superata, non solo per età ma per come si sta in campo. È tutto più veloce. E bisogna che anche come allenatore io mi aggiorni ed evolva nelle metodologie».

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