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C'è qualcosa in questa Inter che brilla ed entusiasma al di là delle vittorie (ovviamente fondamentali per la forza e la consapevolezza acquisite da questo club in questi anni). C'è un'aria di famiglia, che lega bene insieme le relazioni. Quell'aria di casa che ti manca quanto sei lontano. Il senso del gruppo e il senso di appartenenza ai colori nerazzurri si fondono in un mix irresistibile. La crescita dei calciatori spinge i singoli a credere di essere loro il segreto di questa Inter. Ma il nuovo spartito Inzaghiano, quello del noi sopra ogni santissima cosa nell'universo (sempre sia lodato!), è una trappola ben congeniata. Ti allontani un attimo e la tua luce si affievolisce. Un giorno sei il Muro in difesa, il giorno dopo sei uno dei tanti. Un giorno sei la metà di una irresistibile coppia d'attacco, il giorno dopo devi prendere al balzo l'unica offerta in serie A e fartela andare bene. Certo, i sorrisi sono un'altra cosa. Un giorno sei il portiere più carismatico del campionato, il giorno dopo i tabloid ti tempestano di critiche ogni volta che prendi un gol (esagerando senza ritegno, sottolineiamolo). Un giorno la folla ti osanna come miglior terzino, il giorno dopo continui a fare bene ma quell'amore un po' ti manca. E allora torni a vedere la tua ex squadra, ogni tanto ci pensi e ogni tanto rispondi anche a qualche tifoso che ti rivorrebbe vedere in nerazzurro. È tutto molto semplice e allo stesso tempo parecchio complicato. Sembrava una felicità, quella intravista da qualcuno lontano dall'Inter. Sembrava una felicità, ma nella maggior parte dei calciatori andati via non lo è stata.
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