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Il Capitano diventato precario: Skriniar fantasma al Psg. Lasciare l’Inter paga solo in banca
Milan Skriniar è solo uno dei tanti giocatori, in ordine temporale, ad aver lasciato l'Inter per indossare una nuova maglia, sfoggiando dei nuovi colori. Partito alla ricerca del successo lontano da Milano, seguendo quello che è in fondo il dna di quasi tutti i calciatori. Sono in pochi a scegliere un club e a voler rimanere, ad accettare di attraversare le tempeste, ad essere ancora lì quando esce l'arcobaleno dopo il temporale. Intendiamoci, è scritto nel dna dei calciatori ma anche in quello dei club sportivi, che per necessità economiche devono fare scelte a volte dolorose. Vendere per rimanere competitivi. Sfruttare una plusvalenza per colmare le lacune della rosa. Fare mercati creativi e sostenibili per non far rimpiangere i giocatori che se ne vanno.
Non è il caso di Milan Skriniar, che si era candidato negli anni nerazzurri a Capitano e che ha invece ceduto ad interessi più opportunistici lasciando il club. Club che aveva creduto fortemente in lui e che alla fine lo ha perso a zero. Una storia che sembrava bellissima, quella tra il difensore slovacco diventato forte con Spalletti e l'Inter, ma che si è conclusa con un finale amaro. Milan se ne è andato senza il riconoscimento dei tifosi, dopo una stagione macchiata dalla decisione di trasferirsi a Parigi e dall'infortunio. Mentre la stella dell'Inter già brillava, la sua si stava lentamente spegnendo. Ieri, quando lo squadrone di Parigi è stato eliminato dal Borussia Dortmund, privato di quella finale che già pregustava, Milan non era nemmeno in campo. Il difensore che all'Inter era uno degli intoccabili è diventato un precario a Parigi. Non solo per colpa degli infortuni. Skriniar non rientra tra le prime scelte del tecnico del Psg. I sorrisi, l'affetto del popolo nerazzurro, le enormi prestazioni in campo. Sembra ieri, eppure è già un domani pieno di incertezze.
C'è qualcosa in questa Inter che brilla ed entusiasma al di là delle vittorie (ovviamente fondamentali per la forza e la consapevolezza acquisite da questo club in questi anni). C'è un'aria di famiglia, che lega bene insieme le relazioni. Quell'aria di casa che ti manca quanto sei lontano. Il senso del gruppo e il senso di appartenenza ai colori nerazzurri si fondono in un mix irresistibile. La crescita dei calciatori spinge i singoli a credere di essere loro il segreto di questa Inter. Ma il nuovo spartito Inzaghiano, quello del noi sopra ogni santissima cosa nell'universo (sempre sia lodato!), è una trappola ben congeniata. Ti allontani un attimo e la tua luce si affievolisce. Un giorno sei il Muro in difesa, il giorno dopo sei uno dei tanti. Un giorno sei la metà di una irresistibile coppia d'attacco, il giorno dopo devi prendere al balzo l'unica offerta in serie A e fartela andare bene. Certo, i sorrisi sono un'altra cosa. Un giorno sei il portiere più carismatico del campionato, il giorno dopo i tabloid ti tempestano di critiche ogni volta che prendi un gol (esagerando senza ritegno, sottolineiamolo). Un giorno la folla ti osanna come miglior terzino, il giorno dopo continui a fare bene ma quell'amore un po' ti manca. E allora torni a vedere la tua ex squadra, ogni tanto ci pensi e ogni tanto rispondi anche a qualche tifoso che ti rivorrebbe vedere in nerazzurro. È tutto molto semplice e allo stesso tempo parecchio complicato. Sembrava una felicità, quella intravista da qualcuno lontano dall'Inter. Sembrava una felicità, ma nella maggior parte dei calciatori andati via non lo è stata.
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