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Un grande ex centrocampista dell'Inter, Dejan Stankovic, intervistato da La Gazzetta dello Sport ha parlato del momento della squadra nerazzurra dopo l'uscita dalla Coppa Italia.
Scusi Stankovic, permette? Lei disse alla Gazzetta, esattamente tre mesi fa: «La Juventus è la favorita per lo scudetto, ma avrà dei momenti di difficoltà che l’Inter dovrà essere brava a sfruttare». Ci credeva davvero?
«Non solo ci credevo. Ma resto convinto di quello che dicevo».
Non le sembra troppo?
«Guardi: seguo l’Inter da sempre, con la Lazio ero allo stadio, non c’è niente che io non sappia. Quando parlavo di anti Juve non ero matto. L’Inter ha giocatori di primissimo livello, in tutti i reparti»
E allora cosa è successo?
«Qui c’entra la testa. La squadra che a dicembre ha messo in difficoltà la Juve a Torino è la stessa di questo gennaio. E il motivo principale è nel mercato. Penso a Perisic, a Miranda, per certi versi a Icardi: c’è chi si fa scivolare tutto, chi la vive male. Come io ho vissuto male a San Siro i fischi a Perisic».
Non pensa che il croato ci abbia messo del suo?
«Lo conosco, è un ragazzo d’oro. A volte si fa una dichiarazione di troppo, non pensi alle conseguenze. Anch’io ho passato un periodo così. C’era Mancini allenatore, non ero in forma, qualcosina da San Siro veniva giù. Ma il ragazzo va recuperato. E vale per Nainggolan».
Che ora ha fallito pure il rigore decisivo.
«I rigori li ho sbagliati anch’io. Non accade nulla. Boskov diceva: non sbaglia solo chi non tira. Ma non possiamo ammazzare Radja. Con tutto il rispetto per gli altri centrocampisti, con lui in forma è un’altra musica».
Ok. Ma come si recuperano i due?
«Sa come facevo io? Abbassavo la testa, non mollavo di un centimetro. Il concetto è chiaro: se non sei al 100%, lascia il 100% di quello che hai in campo, sarà sufficiente per prenderti gli applausi della gente»
Sembra un consiglio pure per i tifosi.
«Ci sono rimasto male con la Lazio perché ho avvertito tensione allo stadio. E così non è facile per un calciatore. Capisco i tifosi, dopo Sassuolo e Torino tutti volevano passare il turno e provare a vincere la coppa. Ok, ma ora che si fa? Si molla? Non si può a febbraio, c’è anche un’Europa League da giocare».
Da giocare o da vincere?
«Sono molto fiducioso. Forse l’Inter non è la più forte del gruppo, di sicuro è nel gruppo delle migliori»
Secondo lei incidono anche le voci sulla panchina di Spalletti?
«Ma quando non ci sono state voci? Sono in Italia da una vita, ogni anno è una fotocopia. Nelle grandi squadre bisogna essere abituati, se non fai risultati per 2-3 partite è normale essere messi in discussione, gli allenatori devono saperlo. Accadde pure a Mourinho, nell’anno del Triplete»
Lo racconti.
«Prendemmo tre gol a Catania, Mou era criticato, il campionato si complicava. E quattro giorni dopo avevamo il Chelsea a Londra. Cosa avremmo dovuto fare? Buttarci giù? Abbiamo vinto tutto, poi».
C’è chi dice che in questo spogliatoio servirebbero 3-4 di voi del Triplete.
«Nel nostro spogliatoio non entrava nessuno, con tutto il rispetto dei dirigenti. Se non siamo arrivati alle mani, poco ci mancava. Ci dicevamo di tutto, ma tutto in faccia»
Inter-Bologna: non pensa che il suo amico Mihajlovic possa sfruttare questo freno psicologico?
«Sinisa per me è un padre. Sicuro: farà di tutto per giocare sulle difficoltà dell’Inter. Ma torno al discorso di prima: se tra Catania e Chelsea si sono viste due Inter diverse, perché ora non può accadere la stessa cosa?».
Lei è l’idolo di Barella.
«Ho letto, mi ha fatto piacere. Io a 18 anni ero capitano della Stella Rossa, in Italia quasi mai un giovane riesce a imporsi. Lui invece ce l’ha fatta, è già un leader. Nel suo futuro c’è solo luce».
Magari nell’Inter.
«Sì, magari».
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