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Steven Zhang è pazzo dell’Inter e di Milano. Sarà lui il nuovo presidente nerazzurro?

Steven Zhang, figlio del numero uno di Suning, si è innamorato di Milano e dell'Inter

Riccardo Fusato

Steven Zhang, figlio del numero uno di Suning, si è innamorato di Milano e dell'Inter. Trovata casa in centro gira senza guardie del corpo: al massimo lo scorta un autista del club perché, sebbene sia appassionatissimo di auto veloci (a Nanchino ha un parco che farebbe invidia a Nick Mason, batterista dei Pink Floyd e grandissimo collezionista di fuoriserie), in Italia non guida. In compenso apprezza molto la nostra cucina anche se, in ossequio alle sue radici, ha trovato asilo per il suo palato nel Bon Wei (dove Jindong portò la squadra a festeggiare la vittoria sulla Juve) e nel Gong. In sede, Zhang Junior, nonostante in tasca avesse la laurea alla Wharton School della Pennsylvania, ha preso possesso del suo ufficio al quinto piano di Palazzo Saras con il piglio dell’apprendista. Ascolta, immagazzina dati e si sforza di capire i meccanismi - a volta incomprensibili per chi sa solo di business - che regolano una società di calcio. Ha capito che, come in Borsa, i picchi sono conseguenza delle vittorie, tanto che - chi gli sta vicino - ha notato come, rispetto ai primi tempi, il nervosismo di Zhang sia molto più accentuato nei pre-partita. D’altronde la prima stagione per Suning è stata un golgota. E fotografia di un’annata sciagurata è stato proprio quell’abbraccio a Stefano Pioli dopo i cinque gol presi a Firenze. Non un è stato un bacio di Giuda in salsa nerazzurra: tra i due c’era vera empatia, però Zhang ha capito che all’Inter - come gli ha spiegato pure Massimo Moratti - un allenatore non può assuefarsi all’idea della sconfitta. Il ruolo principale di Zhang, in attesa - quando Erick Thohir deciderà di vendere le quote in suo possesso - di mettersi in corsa per la carica di presidente (oggi è solo membro del Cda) è, ovviamente, quello di fungere da interfaccia tra il mondo Inter e Nanchino, anche perché papà Jindong parla solo cinese. Lui, Steven, presto potrebbe invece fare il suo primo intervento pubblico in italiano: nonostante il suo ruolo in società si sia rivelato molto più operativo rispetto alle premesse, riesce ugualmente a prendere lezioni tre volte a settimana con un insegnante che lo raggiunge in sede. Anche perché si è reso conto che la strada migliore per comprendere il nostro mondo è capire la lingua e girare l’Italia: non a caso in trasferta è andato molto, alternando il suo ruolo istituzionale a momenti di puro turismo. Tutto fa curriculum, d’altronde. Come la visita allo Stadium: mai un proprietario dell’Inter aveva pensato di andarci. Le rivoluzioni si fanno (anche) con piccoli gesti.

(Tuttosport)