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Tasca: “Ecco quanto può raccogliere InterSpac. Ho 2 dubbi sulla riuscita”
Sulle pagine del Sole 24 Ore, l'esperto di economia e tifoso dell'Inter Roberto Tasca ha analizzato il progetto Interspac e spiegato i suoi dubbi al riguardo:
Due sostanziali interrogativi. Il primo riguarda la capacità intrinseca di raggiungere un equilibrio economico della società nerazzurra e la sua attuale struttura patrimoniale. La seconda riguarda il ruolo prospettico degli azionisti minori e le adeguate forme di tutela del risparmio che devono prevalere, quando si procede alla sua sollecitazione pubblica per finanziare un'operazione come quella in esame.
Il primo interrogativo è alimentato dal bilancio chiuso dalla società a giugno 2020 e dallo studio annualmente pubblicato dalla FIGC in collaborazione con PWC e Arel “Report Calcio”.
E' visibile dai due documenti che il calcio italiano, soprattutto per molti grandi club, fatica a raggiungere l'equilibrio operativo, se si considerano anche gli ammortamenti e le svalutazioni dei giocatori. I bilanci del 2020 indicano un Ebit negativo per le squadre di A di oltre 526 milioni di euro, mentre la percentuale di club che produce utile è di circa 1/3 del totale. Da questa situazione non si discosta l'Inter.
Il bilancio chiuso al 30 giugno 2020 presenta una perdita a livello di Ebit negativo per 71 milioni di euro, che segue quello negativo per 11 milioni del 2019. Anche la struttura patrimoniale consolidata presenta qualche “complessità” e l'equity value della società non è di facile comprensione.
Il Bayern ha chiuso gli ultimi 10 esercizi con un utile netto. Sembra perciò molto probabile che, prima di arrivare al ripristino delle condizioni di equilibrio economico per l'Inter dovrà trascorrere qualche anno, durante i quali, tutti i soci, in proporzione alle quote di partecipazione o comunque pro-quota, dovranno ricapitalizzare se i limiti previsti dagli artt. 2446 e 2447 del CC fossero violati, non potendosi superare le previsioni dell'art. 2265 del CC, che vieta il “patto leonino”.
Posto che la raccolta dai tifosi persone fisiche si configura come sollecitazione, perché Interspac realizzi il proprio fine richiederebbe l'obbligo di un prospetto informativo da sottoporre preventivamente alla Consob. Oltre ai tempi tecnici per l'autorizzazione, vi è certamente un importante elemento da considerare.
Nel documento, andrebbero indicate le prospettive di redditività dello stesso e i rischi conseguenti. Ciò implicherebbe a priori, aver definito attraverso quali modalità l'Inter potrà produrre durevoli condizioni di equilibrio economico e finanziario.
E questo riporta il problema all'origine. Ovvero: è pensabile che attraverso Interspac si concretizzi questo percorso virtuoso? Personalmente nutro dubbi.
L'azionariato popolare è già possibile nel nostro paese, come altri settori evidenziano. La soglia del 51% non è garanzia di raggiungimento dell'equilibrio economico. Non dimentichiamo infatti che in Germania coesistono casi virtuosi di gestione aziendale in equilibrio, in presenza di soluzioni diverse nel controllo.
Il confronto tra Bayern e Lipsia è lì da osservare. Prima vengono le condizioni strutturali per l'equilibrio economico, poi si può pensare a variare le forme di controllo aprendo al singolo risparmiatore-tifoso. Il rischio di un percorso inverso è tutto a carico dei piccoli risparmiatori.
Pertanto, ben venga la via dell'azionariato popolare.
Ma, a mio parere, devono prima essere identificate dall'intero settore calcio le condizioni che garantiscano la continuità aziendale, portando ad un preventivo ripensamento del rapporto tra fatturato e costi, con l'obiettivo quindi di aumentare i primi e contenere i secondi, senza lasciare alle plusvalenze su calciatori il compito di riequilibrare situazioni altrimenti impossibili. Poi spazio anche all'azionariato popolare".
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