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Un divertente teatrino dell’assurdo in cui possono indifferentemente entrare senza una logica apparente personaggi come Leo Messi e Nathan Redmond - attaccante del Southampton che, dopo una vittoria contro i Saints, Pep definì un «un grandissimo giocatore» - , o anche Calvert-Lewin («uno dei migliori colpitori di testa che ho visto nella mia vita») e Roberto Baggio, compagno di Pep al Brescia che, qualche anno fa, quando il catalano era ancora il giovane allenatore di quel Barcellona destinato a diventare delle meraviglie, si sentì apostrofare dall’amico , come «il miglior giocatore con cui ho giocato». Peccato che, secondo Manuel Estiarte, suo storico assistente, solo qualche giorno prima Pep avesse detto «la stessa cosa di un altro». Insomma, l’abitudine di Guardiola di distribuire caramelle al miele - dolciumi che quasi sempre si rivelano velenosissimi per gli avversari - ha radici antiche. Da quando è in Premier, però, questa sua incontinenza encomiastica ha raggiunto picchi inesplorati. Non si contano i colleghi che Pep ha definito «uno dei migliori allenatori al mondo».
Lo ha fatto, ovviamente, in decine di occasioni con quello che è stato il suo avversario storico nella lunga stagion e inglese, quel Jürgen Klopp elogiato come «il miglior rivale della mia vita», astenendosi dal sottolineare di averlo battuto quasi sempre. Anche la strada intrapresa nel rapporto a distanza con l’ex allievo Mikel Arteta sembra andare nella medesima direzione. Tanto che già non si contano le volte in cui Pep lo ha definito «un allenatore incredibile». Negli ultimi giorni, poi, il catalano è riuscito a superare sé stesso: parlando di Maresca, Arteta e dell’ex compagno Lopetegui, ha detto «di sentirsi un allenatore più debole» quando è costretto ad affrontare le loro squadre. Anche qui, senza specificare che sia il Chelsea che il West Ham, rispettivamente allenate dal giovane tecnico italiano e dall’esperto spagnolo, hanno già in questo inizio di stagione pagato dazio al suo City. Per non parlare poi delle iperboli riservate ai suoi giocatori, con Messi definito «il miglior di sempre», salvo poi fare lo stesso con Foden, «il più talentuoso che ho mai visto in carriera». E non se la prendano troppo David Silva e Philipp Lahm, rispettivamente «uno dei migliori giocatori che ho mai allenato» e «uno dei giocatori più fantastici che io abbia mai allenato». Tante belle parole, e alla fine una sola costante: a vincere è quasi sempre Pep", conclude il quotidiano.
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