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Intervistato da La Gazzetta dello Sport, Juan Sebastian Veron ha parlato della Supercoppa di questa sera. L'argentino ha deciso l'unica sfida tra Inter e Juve per questo trofeo, nel 2005: «Un gran ricordo per gli interisti e anche per me, non capita spesso di segnare in una finale».
Veron, come andò quella volta a Torino?
«Partita molto difficile, poi arrivò quella giocata nei supplementari. Ce l’ho tutta in testa: Adriano è stato bravo a vedermi, io a colpirla di prima ed eccoci qui tutti a parlarne dopo tanti anni».
Questa Juve sembra, però, meno forte di quella...
«Hanno dominato per 9 anni e sfiorato la Champions, ma tutti i cicli, anche i più vincenti, si esauriscono. Basta che alcuni giocatori vadano via e altri perdano la spinta. Quando sei abituato a una marcia e poi cali è dura risalire. Ma la Juve resta un grande club e non ci metterà molto a rialzarsi, a prescindere dalla Supercoppa».
Rispetto al 2005, i nerazzurri sono favoriti: come li vede?
«Hanno trovato continuità: il cambio di allenatore non si è sentito, anzi la squadra è pure migliorata. Anche se hanno perso un big come Lukaku, nessuno se ne è accorto perché tutto il gruppo ha reagito e sono arrivati giocatori altrettanto validi».
Si aspettava questo impatto del suo ex compagno Inzaghi?
«Simone è maturato alla Lazio facendo la giusta esperienza che adesso gli serve: allenare un grande club è molto difficile, ma lui ha reso tutto incredibilmente facile. Arriveranno momenti duri e bisognerà vedere come l’Inter reagirà, ma possiamo già dire che Inzaghi ha aggiunto qualcosa nel gioco rispetto a Conte. Meno contropiede e più manovra: questa è l’impronta di Simone».
Contento di questi mesi sull’altalena del pupillo Correa?
«Come diciamo in Argentina Joaquin non ha... tetto. Per me è un giocatore che non ha limiti, può diventare un grandissimo: ha ancora tanto da imparare, ma è arrivato all’Inter nel momento giusto. Ha già fatto vedere qualcosa, ma deve avere la personalità per far sì che la squadra giri attorno a lui. È lui stesso che si deve imporre, che deve credere nel suo gioco. Sono cose che si imparano negli anni ma, se riesce in questo passaggio mentale, Correa farà divertite tutti».
Uno ha rinnovato e l’altro ancora no: chi vince il derby argentino dei 10, Lautaro vs Dybala?
«È chiaro che entrambi i club pensano a loro per un lungo periodo. Già ai miei tempi, quando arrivavi in squadre come Inter e Juve, ci pensavi due volte prima di andartene. Paulo e Lautaro sono comunque molto diversi: forse, per le qualità che possiede, Dybala può far vedere qualcosa di più, mentre Martinez finora è stato sempre decisivo anche se è in Italia da meno anni. Restano due giocatori di classe, l’Argentina fa bene a tenerseli stretti».
Quanto è importante Brozovic nel ruolo che fu di Veron?
«In questi ultimi due anni l’ho visto crescere tantissimo. Quando hai uno così, che con personalità e qualità muove il pallone, tutta la squadra gira. Non è un caso che l’Inter sia cresciuta con lui. Ma è tutto il centrocampo con Calhanoglu e Barella, a completarsi benissimo: è sempre in mezzo che svolta una squadra».
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