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"Fiero di essere stato il capitano dell'Inter del Triplete". Parole e musica di Javier Zanetti. Ospite di un evento organizzato dalla Pallacanestro Varese in compagnia del campione argentino di basket Luis Scola, l'ex capitano dell'Inter e oggi vicepresidente nerazzurro ha ripercorso alcune grandi tappe della sua carriera. Ecco le sue parole:
TRIPLETE - "Il 2010? E' stato come coronare un sogno. Un anno molto importante per me, per l'Inter. Non è stata un'annata semplice, perché abbiamo dovuto affrontare tante difficoltà prima di arrivare a vincere. Ma prima di essere campioni eravamo uomini. E quando uomini vanno tutti nella stessa direzione, difficilmente non arrivi a vincere. Sono fiero di essere stato il capitano di quella squadra, perché vedere la soddisfazione di tutto il popolo nerazzurro è stata una cosa fantastica. Abbiamo vinto il triplete e siamo l'unica squadra italiana a esserci riuscita".
INTER PICCOLA NAZIONALE - "L'Inter è sempre stata come la mia piccola nazionale, perché sono arrivato dall'Argentina molto giovane, è stata una grande opportunità. Sapevo di dover dimostrare subito di poter giocare nel calcio italiano e poter fare carriera".
ACCOGLIENZA BERGOMI - "Benissimo, tutta la società mi accolse bene. Per l'Inter era la grande opportunità, avverrai e quel giorno ci fu un diluvio universale, tutti mi accolsero bene, i componenti della grande Inter. Il colpo di scena è stato capire in che tipo di società arrivavo, mi hanno accolto bene e per me l'Inter è famiglia e lì me l'hanno dimostrato".
SUL PUNTO DI MORIRE - "Quando sono nato, stavo per morire per problemi respiratori. Mi chiamo anche Adelmar per il dottore che mi ha salvato la vita".
ITALIA - "Credo che l’Italia sia la mia famiglia, abbiamo trovato il nostro posto nel mondo, siamo innamorati dell’Italia. Sono papà di tre bambini italiani, sono orgoglioso che lo siano, che tifano per la Nazionale italiana e credo che per me l’Italia rappresenti tantissimo. Mi ha accolto quando ero giovane e sconosciuto, ho trovato un paese generoso e sensibile. Fa parte di me".
PASSIONE - "Come ho fatto a giocare fino a 40 anni? È la passione che ti porta a dare sempre il meglio di te stesso e quando man mano passano gli anni, prima devi essere sincero con te stesso e poi continuare a giocare se puoi ancora essere importante per i tuoi compagni e per la tua società. E' così che all'Inter mi hanno fatto sentire. La cultura del lavoro è fondamentale, così come la costanza, la resilienza e la cura dei dettagli".
ROTTURA DEL TENDINE D'ACHILLE - "Tornavamo da una partita da Palermo, mi sono reso conto che si trattava di una cosa di importante. Stavo per entrare negli spogliatoi e già chiedevo al medico dell'operazione e della riabilitazione. Non volevo chiudere così, volevo tornare almeno per una partita davanti ai miei tifosi e ce l'ho fatta. La mia ultima partita è stata molto emozionante, per tutto quello che ho vissuto. All'Inter devo tutto".
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