Javier Zanetti, vice presidente dell'Inter, è intervenuto nel corso della presentazione del libro "Volare Libero", che ripercorre le gesta del suo ex compagno di squadra in nerazzurro Gianluca Pagliuca: "Nel '95 arrivai all'Inter che ero molto giovane, Gianluca era sicuramente uno dei leader, come lo Zio, quelli con più esperienza, e guardavo tutto quello che facevano loro e da lì è iniziata la mia carriera. Sono qui per ringraziare di tutto quello che ha fatto per me, agli inizi non è mai facile, soprattutto per uno come me che arrivava da un altro Paese, che parlava un'altra lingua, con un'altra cultura, e subito mi sono sentito come a casa mia, grazie a loro che mi hanno aperto le porte. Quando sono arrivato all'Inter ero uno sconosciuto, ma appena ho messo piede lì mi sono detto che era la mia grande opportunità di dimostrare che ero pronto ad affrontare una sfida con grandi campioni, dato che in quel momento il calcio italiano era il primo del mondo. oggi è tutto diverso, lo vedo con mio figlio, che gioca in campi perfetti, mentre in Argentina usavamo come palla un coniglio. Crescevamo con valori diversi.
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Zanetti: “Inter una famiglia. Tifosi, società e squadra: nel 2010 una cosa sola”
Moratti è un signore, una persona sempre a disposizione. Anche io, come capitano, non ho mai discusso un premio con lui, perchè sapevo che se fosse arrivata la vittoria sarebbe arrivato lui. Nessuno si azzardava a dire il contrario, si era creato un rapporto di famiglia, non di presidente e calciatore. L'Inter per me è sempre stata una famiglia, e nel 2010 quando abbiamo vinto tutto credo che si siano unite tutte le componenti: tifosi, società e squadra, eravamo una cosa sola che andava avanti con un allenatore come Mourinho, che ci ha portato ad andare oltre. Era un gruppo fatto di grandi uomini, le cose che succedevano nello spogliatoio venivano risolte fra di noi, non doveva intervenire la società, e poi si andava avanti.
L'Argentina rappresenta il sogno di ogni bambino, quello di indossare almeno una volta la maglia della tua nazionale. Non credo che ci sia cosa più bella che rappresentare il tuo Paese in qualsiasi parte del mondo. Credo che in Argentina stiano ancora festeggiando. Ho avuto la fortuna di andare in Qatar con tutta la mia famiglia per il periodo del Mondiale e ho sentito un grande senso di appartenenza. È stata un'emozione talmente grande che abbiamo pianto tutti. Anche perché è stato un Mondiale con alcune sofferenze: a un certo punto sembrava che potessimo andar fuori, ma ricordo anche la parata di Martinez nella stessa finale. Quando è arrivata la vittoria, c'è stato un sfogo totale da parte di tutta la Nazione, che non attraversa un buon momento dal punto di vista economico e sociale. Questi ragazzi ci hanno dato un grande sorriso e una felicità immensa.
Il mio ritiro? Quando uno decide è molto più semplice, è meglio anticipare. Quando mi sono rotto il tendine d'Achille avevo quasi 40 anni, e tutti pensavano che quella sarebbe stata la fine della mia carriera, mi sono detto di no: voglio smettere giocando. Faccio il mio recupero, lunghissimo, rientro ad ottobre negli ultimi 10 minuti, mi sento bene, sono tornato negli spogliatoi e tutti i compagni mi abbracciavano, erano contenti per me. Quello è stato un segnale che mi ha fatto dire: "Questa è la mia ultima stagione". Ho superato questa grande difficoltà, ho dimostrato che potevo smettere giocando a calcio, ho fatto gli ultimi 6-7 mesi, ma già la mia testa si preparava per il dopo. credo che questo sia fondamentale, sapere cosa farai dopo. Poi l'Inter mi disse che sarei stato vice presidente, un momento di grande felicità e allo stesso tempo grande responsabilità, perchè uno si deve preparare. Non pretendevo che con tutto quello che ho fatto in carriera mi venisse riconosciuto che da vice presidente mi venisse lasciato tutto senza problemi. Mi sono iscritto all'Università Bocconi, ho fatto un percorso di management sportivo, finanza, marketing, responsabilità sociale, rapporti internazionali, mi sono preparato ed è stato un momento importante per me. Ho chiuso la mia carriera da calciatore e bisogna avere l'umiltà di riconoscere che inizi una nuova carriera da zero".
(dall'inviato di Fcinter1908, Daniele Vitiello)
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