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Javier Zanetti, testimonial della Giornata Nazionale delle persone con la sindrome di Down, è stato intervistato da Il Sole 24 ore, a cui ha parlato dei suoi progetti futuri, con un occhio sempre rivolto al sociale, nel quale il capitano è da sempre impegnato:
Zanetti, a proposito del tema di quest'anno della Giornata Nazionale delle persone con sindrome di Down, crede che in Italia manchi ancora la cultura e il rispetto della diversità?In Italia e non solo... C'è ancora molta strada da fare sul piano culturale e nella vita quotidiana. Gli esempi di mancata integrazione purtroppo sono all'ordine del giorno, basti pensare alla recente esperienza della foto di classe da cui è stato escluso un alunno con sindrome di down o i casi di divieto di accesso alle attrazioni nel parco divertimenti di Gardaland, una cosa unica al mondo.Sono molto felice e onorato di aver prestato la mia immagine per la campagna della Giornata Nazionale delle persone con sindrome di Down. Avevo già fatto tante cose con questi ragazzi, sono iniziative che bisogna "sentire" sinceramente e quando me l'hanno proposto ho detto subito di sì.
Crede che lo sport, come la scuola o il lavoro, possa essere un potente strumento di integrazione per le persone con sindrome di Down?Certamente sì, lo stimolo che lo sport può dare, a livello di socializzazione oltre che di crescita e sviluppo motorio, è fondamentale per qualsiasi bambino, tanto più per un bambino o ragazzo con sindrome di Down, che trae i maggiori benefici proprio dalle motivazioni e dalle dinamiche del gruppo.
Il mondo dello sport, e il mondo del calcio in particolare, cosa possono fare in più per il sociale?Se attraverso lo sport possiamo mandare un messaggio di integrazione e cambiare un po' la cultura rispetto alla diversità abbiamo raggiunto un buon obiettivo. Il calcio è lo sport più popolare e abbiamo la grande opportunità di diffondere messaggi importanti a un pubblico il più ampio possibile.
Quali sono i nuovi progetti che sta promuovendo attraverso la fondazione P.U.P.I.?Stiamo terminando ora a Buenos Aires la nuova sede della Fondazione che vorremmo inaugurare per Natale. Ormai diamo assistenza a più di mille persone, tra bambini e familiari. Vogliamo garantire una crescita scolastica e sociale ai bambini in difficoltà che in Argentina, purtroppo, sono davvero numerosi.
Il suo futuro sarà sempre in Italia, in un ruolo dirigenziale nella squadra, e magari con la possibilità di occuparti ancora di più di progetti etici, ambito nel quale l'Inter è sempre stato molto sensibile?Sì, io spero di rimanere in Italia visto che ormai l'Inter è per me più che una famiglia. L'Inter da anni si occupa di progetti sociali tra cui Inter Campus che porta, attraverso le scuole calcio e i loro allenatori, materiale, attrezzature e insegnamenti nelle zone più disagiate e bisognose del mondo. Attraverso il calcio aggrega numerosi bambini in difficoltà e offre loro una nuova opportunità di vita.
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