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Zanetti: “La mia top 11. Ultima in Premier prende quanto l’Inter, serve…”

Sei una bandiera, il simbolo di una squadra. Come sei riuscito a instaurare un rapporto così solido coi tifosi?

"Sono arrivato in Italia molto giovane all'Inter. Da lì c'è stata questa passione, questo legame molto forte da entrambe le parti. L'Inter mi ha accolto come in una famiglia, il lato umano per me è la cosa più importante. Cercavo un club con questi valori che condivido".

Mai stati il dubbio di cambiare?

"Ci sono state delle offerte importanti: Real, Barcellona Manchester United. Proprio quando l'Inter non andava bene. Era più semplice andare via, ma quando metti sulla bilancia il senso di famiglia, come stanno i miei cari in questo club... non potevo abbandonare l'Inter in quella situazione. Ero il capitano e avevo una grande responsabilità".

Una squadra non ti ha rinnovato il contratto perché troppo magro...

"Iniziai da giovane nell'Independiente. Dopo 2-3 anni mi dicono che non faccio più parte della squadra perché sono piccolino. Ho pianto perché tifo per quella squadra. Per un anno non sono andato in un'altra squadra e ho fatto il muratore con mio padre che mi chiedeva cosa volevo fare da grande e mi ha spronato a riprovarci. Da lì iniziai la mia carriera. Ci sono più sconfitte che vittorie in una carriera. La sconfitta ti fa diventare ancora più forte. Per vincere bisogna saper anche perdere".

Come si impara a perdere?

"Non è facile, ma la sconfitta va accettata. Magari incontri una squadra più forte o non sei in forma. Ho tre figli, due giocano a calcio e c'è questa pressione subito. Un bambino di 10 anni si deve divertire. Devono imparare i valori dello sport".

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