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Getty Images
In una lunga intervista rilasciata a Walter Veltroni sulle colonne de' La Gazzetta dello Sport, l'ex centrocampista dell'Inter e ora alla Roma, Nicolò Zaniolo, ha raccontato il passato a tinte nerazzurre, la prima convocazione in Nazionale e gli infortuni alle ginocchia, che l'hanno tenuto fuori dal terreno di gioco per molto tempo nell'ultimo anno e mezzo.
Poi lei va all’Inter. Il suo è uno strano caso, due squadre come Fiorentina e Inter non capiscono di avere un gioiello tra le mani. Come se lo spiega?
"L’Inter penso abbia sempre bisogno di giocatori già pronti, già formati e io magari in quel momento non lo ero. Sono state scelte loro, li ringrazio perché poi, cedendomi alla Roma, mi hanno fatto arrivare in una città splendida come questa e in una società solida. Giocare qui è bellissimo, per i tifosi, per la città. Sono felicissimo di essere in giallorosso".
E in Nazionale? Lei ci arriva senza aver mai giocato in Serie A. Mancini l’ha vista e ha capito, diversamente da Fiorentina e Inter, che lei era molto forte…
"Ero a casa con amici a Spezia perché ci avevano dato dei giorni liberi a Roma. Sono in camera, apro Sky, vado sul canale 200 e vedo i convocati di Mancini. C’era scritto anche il mio nome, c’era scritto Zaniolo. Ho pensato: “Ma come è possibile? Di sicuro hanno sbagliato perché io sono Under 21 o Under 20”. Dopo venti minuti mi arriva la chiamata del manager della Nazionale che mi dice: “Nicolò, volevo farti i complimenti. Ti aspettiamo lunedì a Coverciano”. Ho chiamato i miei genitori e sono scoppiato in lacrime".
Veniamo ai momenti duri. Come è stato il primo incidente? Lei stava sbocciando…
"Il primo incidente è stato del tutto inaspettato. Vedevo gli altri giocatori che si rompevano il ginocchio ma non mi sarei mai aspettato che succedesse a me. Quando è successo è stata una mazzata incredibile. Appena ho appoggiato il piede in terra è come se avessi già capito che mi ero rotto. È stato un dolore terribile. Anche ora, a pensarci, mi vengono i brividi. Mi è crollato il mondo addosso, tutto in una volta. Stavo facendo bene, era una grandissima annata, mi sentivo in forma. Una mazzata dura, un colpo da k.o.. Ma poi mi sono reso conto che gli infortuni, nel lavoro che facciamo, bisogna metterli in preventivo. Ho cercato le energie dentro di me, mi sono tirato su le maniche, ho lavorato duro e sono tornato in campo".
Ha mai avuto un momento in cui è crollato, dopo l’incidente?
"È stato peggio il secondo incidente. Quando è successo è scesa la notte. Ero rientrato contro il Napoli dal primo infortunio e mi sentivo bene, ho fatto anche due gol. Mancini mi schiera per la prima volta come titolare in Nazionale, contro l’Olanda. A un certo punto sento lo stesso dolore, con lo stesso movimento interno nell’altro ginocchio e tutto precipita. Non nascondo che per una settimana sono stato nel letto a piangere, senza parlare, a mangiare poco. Quel crack è stato una batosta incredibile e anche per questo ho scelto di cambiare chirurgo. Mariani aveva fatto un lavoro perfetto, il ginocchio destro infatti ora sta benissimo ma ora volevo introdurre un elemento di novità, per non ripiombare in qualcosa che mi sembrava di aver già vissuto, di conoscere".
Il dolore in qualche modo rende migliori, fortifica?
"Questi due infortuni mi sono serviti molto. Professionalmente e umanamente. Mi hanno fatto male, fuori e dentro, però mi sono serviti. Prima magari in palestra ci andavo ma solo perché dovevo, ora dal lavoro che faccio lì dipende la mia carriera, il mio futuro. Ora vado un’ora prima al campo per allenarmi di più e meglio. Prima magari mangiavi una schifezza in più, adesso ne mangi una in meno. Questi infortuni, non sembri paradossale, mi hanno consentito di crescere, di maturare. Come uomo e come calciatore".
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