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Zenga: “Inter club della vita. Allenare qui? Forse il tempo è passato. La mia carriera…”

Walter Zenga è il protagonista della puntata odierna di Memorabilia, il format di Inter Channel sui campioni del passato.

Simona Castellano

Walter Zenga è il protagonista della puntata odierna di Memorabilia, il format di Inter Channel condotto da Alessandro Villa in cui i campioni dell'Inter raccontano e ripercorrono la propria carriera.

Queste le parole dell'ex portiere nerazzurro:

INTER CLUB DELLA VITA -Inter il club della mia vita perché ho avuto la fortuna di nascere e tifare per l'Inter, giocarci in tutte le giovanili possibili, fare da raccattapalle, ho avuto la fortuna di andare in Curva e di indossare questa maglia onorandola per 473 volte che non sono poche visti i tempi in cui ho giocato io. Adesso ci sono più partite.

PRIMO ALLENATORE - Giannino Redaelli. Uomo alto, senza capelli, il mio primo allenatore da professionista, Rosati, era assolutamente uguale a lui. Redaelli mi ha insegnato tante cose, il rispetto, a essere educato, a rispettare gli orari, non sono cose semplici da tramandare, ma ti formano, ti fanno capire che quello che stai facendo può essere importante per il resto della tua vita.

PICCOLE SQUADRENel 1979 i giocatori della primavera venivano mandati in prestito, mi arrivò una telefonata e mi trovai sotto la sede dell'Inter con un biglietto per Napoli destinazione finale Salerno. Dopo di che sono andato a Savona e successivamente a San Benedetto del Tronto. Iter particolare, ora forse non c'è quella situazione. trovarsi a 18 anni a giocare in campi non facili, con persone di 30 anni con famiglie da mantenere è stata una botta non indifferente, infatti ho combinato qualcosa. L'allenatore mangiava sempre a capo tavola, poi c'erano i giocatori schierati. In ritiro mi dicono 'vuoi fumare?'. Prendo la sigaretta, mi è arrivato uno schiaffo dietro alla testa e da allora mi sono sempre caricato le borse dei compagni all'uscita e all'ingresso in autobus. Queste cose sono meno proponibili. I giocatori che arrivano dalla Primavera hanno già il loro status, l'agente che li segue, il borsello in un certo modo. Bisogna adeguarsi ai tempi, non pensare che prima era meglio o peggio. Io ora do il mio profilo Instagram, non do il telefono. E' un modo simpatico per proporsi.

ESPERIENZA - Alla Sambenedettese il tecnico diceva anche le caratteristiche dei giocatori in panchina. Queste cose le apprezzi, perché vuol dire che l'allenatore ti prende in considerazione. Alla Dinamo Bucarest ho detto ai ragazzi di lavorare per conto loro, per guardarli, al primo allenamento. Alla Sampdoria, finito l'allenamento, i ragazzi si andavano a rinfrescare nel torrente, dividevamo i gruppi la mattina per lavorare sull'intensità. La gente credeva non facessimo niente guardandoli con i piedi nell'acqua oppure vedeva un solo gruppo allenarsi. Amici fuori? Io, Bergomi, Ferri non uscivamo insieme la sera, ognuno aveva il proprio modo di vivere, ma ad Appiano eravamo tutti uniti insieme e facevamo quello che dovevamo. Questa cosa di essere amici anche fuori è relativa. 

POI L'INTER - Ho vinto anche la Coppa Italia con l'Inter, la gente lo dimentica, ero in panchina. Quell'anno ero il secondo di Bordon, e dopo qualche buona prestazione giocai la Coppa Italia e il Mundialito. A 23 anni diventai titolare con Radice in panchina. Anno dopo anno, in quella squadra, diventavamo sempre più forti anche perche molti di noi venivano dal settore giovanile, come ad esempio, oltre a me, Baresi, Bergomi e Ferri. Allora c'era un numero limitato di stranieri, per noi italiani era più facile sentirsi parte del club, paladini di un qualcosa da difendere. Ci si sentiva parte di una famiglia e guai se te la toccano. Poi i tempi cambiano, e come oggi, si seguono altre strade. 

STAGIONE '88-'89 - Dopo le Olimpiadi di Seul, che di fatto fecero slittare il campionato ad ottobre, l'inizio per noi non fu dei migliori. L'anno precedente volevo andare via dall'Inter ma prima di un derby perso 1-0, con autogol di Ferri ma la colpa era mia, decisi di rinnovare. Il presidente mi disse che avremmo fatto una grande squadra e arrivarono tanti campioni. Quello è stato un campionato pazzesco, su 34 partite mantenni la porta inviolata per ben 21 volte, avevo davanti dei fenomeni ovviamente, anche se si può pensare che avrei parato anche delle bombe a mano. Matthaus si abbassava per prendere la palla, Ferri e Bergomi stagione fantastica. L'unico rimpianto fu la partita persa con il Bayern. Doveva andare così. Dopo la partita persa con la Fiorentina ci fu una riunione ad Appiano Gentile e capimmo che avremmo potuto fare grandi cose. Avevo dei compagni di squadra che erano dei veri campioni. E' stata una stagione incredibile, un campionato straordinario per come era andato tutto, dalla campagna estiva al rapporto allenatore-squadra. In trasferta al sabato mattina non facevamo mai allenamento ad Appiano, si giocava sempre alle 15. Quella partita col Bayern, se avessimo avuto un briciolo di fortuna che abbiamo avuto all'inizio col posticipo del campionato, avremmo fatto un doblete sicuramente. Il Milan di Capello anche ha tremato tanto contro di noi, forse c'era più equilibrio tra club anche a livello finanziario e questo incide. 

COPPA UEFA '91 - Erano tanti anni che non vincevamo, anche in quella stagione abbiamo preso pochissimi gol, un gol a Belgrado e poi in finale mi sembra. Un bel percorso senza prendere gol. Sono cose strane, difficili da spiegare. Sentivamo sin dall'inizio la possibilità di vincere la coppa. Mi ricordo la prima partita giocata contro il Rapid Vienna sul neutro di Verona, all'ultimo minuto riesco a fare una doppia parata che ci mantiene in corsa. Con il Partizan sembrava di giocare a beach soccer non a calcio. Avevamo la consapevolezza di poter vincere quel trofeo. Campionato perso con la Samp? Avremmo potuto vincere se la campagna acquisti fosse stata un po' più attenta a comprendere dove avevamo necessità. Lì a alla Samp c'erano in quell'annata due fenomeni, con altri che hanno reso al 200%. Quel campionato lì lo abbiamo perso nel momento in cui non è stato dato un 'aiutino' alla rosa. 

ORRICONon è andata, le idee potevano anche essere accettabili, era il come venivano proposte che non erano accettabili. Pellegrini convocò in sede noi anziani, dicendo che Trap sarebbe andato via e c'erano 4 allenatori in lista. Noi dicemmo che doveva scegliere la società. C'era Orrico tra questi. Il trauma fu il passato da 5 anni di Trapattoni a uno completamente diverso. La società ha troncato con il passato in maniera drastica. Ci voleva un altro allenatore. La società poteva seguire due squadre: o continuare quello che aveva fatto Trap con Eriksson o uno emergente come Orrico. Le idee non erano sbagliate, ma il modo probabilmente in cui venivano proposte. 

BAGNOLI - Ha trovato un problema grande. L'Inter non era nelle coppe europee da tanti anni. Aveva a che fare con gente come me, abituata ad andare in giro per l'Europa. Questo anche influenza l'approccio al campionato. Poi andò benissimo il campionato, arrivammo a un passo dal Milan. 

PANCEV - Tre gol in casa in Coppa Italia, poi campionato. Gli fecero un assaggio  centrocampo a San Siro, di prima voleva prenderla e lanciare e la tirò in tribuna. La gente poi... Noi pensavamo fosse l'ira di Dio quando arrivò in allenamento. Non si è trovato bene probabilmente, ma è strano perché l'inizio non fu sbagliato. 

SAMMER - Con noi non c'entrava nulla, non si fece capire da nessuno e non andò. 

RUBEN SOSA - Aperto, disponibile, simpatico, chiassoso, magari anche invadente, ma si è fatto apprezzare subito. 

STAGIONE '93-'94 - In quell'anno volevamo sempre vincere ma alla fine perdevamo molto spesso. Nella Coppa Uefa le cose andarono decisamente meglio che in campionato. Si trattava di un testa a testa e quindi il modo di ragionare 'siamo l'Inter, ti impongo' funziona. Ti ritrovi in campionato a giocare per il punticino, ma non va bene. Io a Pellegrini dissi che questa coppa doveva ricordarsela e doveva ringraziarmi. Mi ricordo grandi vittorie come a Dortmund, la doppia sfida contro il Cagliari e la finale vinta contro il Salisburgo. In campionato fu davvero difficile, alla fine ci trovammo a lottare per non retrocedere. Si infortunarono alcuni giocatori. A un certo punto dovevamo dire 'dobbiamo vincere'. Non ci rendevamo conto della situazione in cui eravamo, continuavamo a scendere, a scendere. Passavamo i nostri giorni in ritiro ad Appiano, allenandoci anche a Pasqua. A volte capitano delle cose delle quali non ti rendi conto. 

TRASMISSIONE TV - In realtà era registrata, la gente credeva fosse in diretta. Non sei tu che cambi, sono gli altri che ti fanno cambiare. Mi stavo preparando un futuro nel dopo-calcio. Volevo diversificare il mio lavoro. 

ESPERIENZA USA - Non ho mai gufato nessuno, sono meritevole di arrivare con i miei mezzi. Presi l'esperienza americana come opportunità. Proprio ieri parlavo con un mio collaboratore e pensavo che oggi devo pensare innanzitutto alle opportunità, non ai contratti. Se hai dei soldi ma non hai un'opportunità i soldi finiscono, se hai opportunità i soldi arrivano. Ho colto al volo l'esperienza USA, perché penso sempre 'se ho un'opportunità e la sfrutto, arrivo a questo'. Dopo due mesi che allenavo negli Stati Uniti sono tornato a fare il giocatore, grazie alla MLS facendo il player-manager, una roba allucinante. Queste esperienze difficili per questioni linguistiche e culturali, mi hanno permesso di essere una persona che non porta invidia per nessuno e che riesce a guardare le cose in maniera differente rispetto a come le guardavo prima. Io preferisco andare in giro con le mie gambe. Ho giocato 22 anni all'Inter, ma per fare l'allenatore me ne sono andato in giro per il mondo. 

ULTIMA PARTITA e SAMPDORIA - Non esisteva un modo migliore per dirsi addio. Sapevo da tempo che la Sampdoria era interessata a me, mi telefonò Mancini, mi disse che c'era una trattativa in piedi con la Sampdoria. Mi ricordo come se fosse ieri, entrai in campo nel pre-partita (finale di Coppa Uefa vinta contro il Salisburgo, ndr) e tutto lo stadio iniziò ad urlare il mio nome. Doveva esserci un finale, doveva essere 'quel' finale. Questo mi diede la giusta carica per giocare un grande match. Da quella partita sono uscito da vincitore, riuscii a parare qualsiasi cosa. La Nazionale l'ho persa a vantaggio di Marchegiani.

PAGLIUCA - Fino a quell'epoca ero in cadere, Pagliuca era una giovane promessa. Non la presi bene, non mi era piaciuto come andarono le cose, non mi è piaciuto il come mi è stato comunicato. Poi con il tempo me ne sono fatto una ragione, da allenatore ho dovuto fare delle scelte simili. Dopo 22 anni di Inter mi hanno mandato via senza dirmi 'grazie', mandandomi via con una comunicazione asettica. Questo ho detto ad alcuni giocatori del Catania per fargli capire qual è l'importanza del ruolo del calciatore. Le esperienze negative devono essere metabolizzate e tramutate al fine di produrre delle positività. 

ITALIA '90 - L'Italia di quel decennio poteva essere la Spagna di qualche anno fa. E' mancata un po' di fortuna. In Nazionale per 25 volte non ho subito gol. Non è andata purtroppo. 

KEEP CALM - Ora mi sono calmato molto. ALl'inizio della mia esperienza in panchina mi dicevano che ero agitato. Ora il mio motto è 'I can't keep calm, I'm italian'.

PANCHINA INTER - Ho avuto delle opportunità di allenare squadre in Italia - tra cui la Samp - che però probabilmente non mi hanno dato la possibilità di essere preso in considerazione per allenare l'Inter. Detto ciò, questo pensiero rimarrà per sempre nella mia testa, ma credo che il tempo giusto sia ormai passato. 

(Fonte: Inter Channel-inter.it)

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