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Repubblica – Zhang a processo a Hong Kong per debito da 300 mln: fissate nuove udienze

Inter Zhang
Secondo quanto riportato da Repubblica, però, Zhang non era tenuto a presenziare obbligatoriamente alla prima udienza

Matteo Pifferi

"Pochi ambiti sono globali come il calcio e la finanza. E così succede che il presidente dell'Inter, Steven Zhang, fosse a Milano, pronto per partire per O'Porto, mentre a 9.344 chilometri di distanza una corte di Hong Kong celebrava un'udienza in cui il 32enne di Nanchino, numero uno nerazzurro, è citato in giudizio dalla China Construction Bank Asia, che gli chiede per vie legali di onorare un debito da 300 milioni di dollari". Apre così l'articolo di Repubblica in merito al processo che vede coinvolto il presidente dell'Inter: "Da fonti giudiziarie dell'ex protettorato britannico si apprende che la presenza di Zhang in udienza non era obbligatoria", aggiunge poi il quotidiano.

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Altre udienze

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La Corte di Hong Kong ha fissato altre due udienze, il 24 aprile e il 10 maggio prossimi. "Fra le attività previste dal giudice nel procedimento, c'è anche l'audizione dello stesso Zhang, come si apprende dai documenti depositati da China Construction Bank Asia in un parallelo procedimento avviato sempre nei confronti di Zhang a New York. Una terza causa civile - sempre relativa al credito di 300 milioni di dollari che la banca punta a escutere - è stata avviata nei confronti di Zhang al tribunale di Milano. In questa sede, China Construction Bank Asia punta a rifarsi sugli asset del 32enne in Italia, a partire dalle azioni dell'Inter, che la famiglia Zhang detiene tramite una società lussemburghese", spiega nel dettaglio Repubblica.

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La posizione di Zhang

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Il presidente dell'Inter, ora, deve dimostrare di non aver nascosto beni ai creditori, dopo che in un provvedimento il Giudice ha dato ragione alla Banca e torto a Zhang:

"Nella documentazione depositata per la causa americana, riportata dal portale Calcio&Finanza, si legge: "Se la Corte ha accertato, a seguito dell'esame svolto, che il debitore della sentenza ha nascosto dei beni al fine di evitare l'adempimento della sentenza o della passività in oggetto delle sentenza, in tutto o in parte, o ha volontariamente omesso di rispondere a qualsiasi domanda, può, a sua discrezione, ordinare la reclusione del debitore per un periodo non superiore a tre mesi". La teorica pena detentiva va intesa però come extrema ratio, e secondo quanto appreso da Repubblica sarebbe convertibile in una misura pecuniaria", chiosa Repubblica.

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