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GENOA-INTER: NON SOLO APPLAUSI

L’asfaltata dei nerazzurri ai danni dei rossoblu è stata ampiamente documentata da svariati punti di vista. Scorrono davanti ai nostri occhi ancora le immagini della cinica incursione di Esteban, della freddezza di un SuperMario straordinario,...

Sabine Bertagna

L’asfaltata dei nerazzurri ai danni dei rossoblu è stata ampiamente documentata da svariati punti di vista. Scorrono davanti ai nostri occhi ancora le immagini della cinica incursione di Esteban, della freddezza di un SuperMario straordinario, del gol impossibile di Deki, del ritorno di Vieira e della firma di Maicon (uno che quando c’è da danzare non si tira indietro). Non si è trattato di una partita dove le individualità si sono a turno rubate la scena; più che altro, ieri, in campo si è assistito ad una espressione corale incredibile, dove ogni geometria disegnata veniva prontamente ripresa da tutti i giocatori e finalizzata nel miglior modo possibile. Ieri l’Inter ha giocato una partita divina e l’ha fatto in un campo difficile quale quello del Genoa. Il rischio nell’analisi di questa partita è però quello di cadere nel sentimento dell’esagerazione, vedendo di colpo o tutto nero o tutto bianco. Il Genoa non ha improvvisamente smesso di giocare il calcio più divertente del campionato. Semplicemente ieri ha trovato una squadra che non le ha permesso di farlo. E il fatto che i rossoblu non si siano trincerati dietro ad un catenaccio, uscendo allo scoperto e affrontando i nerazzurri con il desiderio di giocarsela fa loro onore. Naturalmente è una considerazione, alla luce del risultato, più o meno condivisibile. 

Veniamo al grande pubblico che, ieri, tanto in positivo, ha fatto parlare. Riflettevo, sentendo i cori sullo 0-5 e vedendo le bandiere sventolare incuranti del risultato che a quell’ora il pubblico di San Siro sarebbe stato sicuramente già in metropolitana sulla via del ritorno. Avere una curva e un pubblico come quelli di ieri fa sicuramente la differenza. Ma se la vogliamo dire tutta, essere sportivi è tutt’altra cosa. Essere un pubblico sportivo vuol dire fra le tante cose non imprecare come pescivendoli ad ogni decisione arbitrale. O per citare un altro esempio ancora, non apostrofare con i soliti bu gente come Muntari, Balotelli e Maicon. Ad essere anche più precisi si potrebbe aggiungere che nei confronti di Mario è stata messa in scena la solita commedia degli insulti (più o meno razzisti, chi se ne frega, sempre insulti sono) e a volte il trattamento che gli viene riservato è davvero troppo per un ragazzo di appena vent’anni (e che in campo si è preso tante di quelle gomitate da dover finire la partita incerottato). Il vero atto di sportività è quello più difficile e meno diffuso: l’applauso alla squadra avversaria. Il riconoscimento al nemico della sua forza. Lo stupore davanti ad un gesto atletico troppo bello per non essere apprezzato da tutti. Ecco, se la vogliamo dire proprio tutta un pubblico sportivo è anche questo (pensiamo agli applausi del Meazza al famoso cucchiaio di Totti o a quelli di sostegno all’infortunio di Ronaldo contro la Lazio). Spesso la voglia di raccontare storie confezionate in quadretti perfetti è comprensibile e poi: che mondo sarebbe senza tormentoni? Purtroppo o per fortuna esistono anche le sfumature. Ed è proprio attraverso queste che a volte riusciamo a leggere situazioni e fatti senza scadere nella retorica banale. Dalla quale siamo, purtroppo, quotidianamente sommersi. 

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