In una lunga intervista al Corriere della Sera, Gianluigi Buffon ripercorre la sua lunga carriera. L'ex portiere bianconero parla anche della Supercoppa e del divario tra Inter e Juve in programma il 12 gennaio salvo rinvio: "In gara secca per me è 50-50, perché la Juve al di là dei momenti contingenti ha ancora individualità con caratura eccelsa e quindi può vincere qualsiasi tipo di sfida, come ha fatto con il Chelsea".
senza categoria
Buffon: “Supercoppa Inter-Juve, 50 e 50. Marotta intelligenza animalesca. Mi disturba…”
La lunga intervista rilasciata dal portiere del Parma al Corriere della Sera
Quando Marotta lasciò la Juve, Barzagli disse che «è impossibile trovare a certi livelli un dirigente con la sua empatia». Questo aspetto fu sottovalutato dalla Juve?
«Sì, è determinante avere empatia e quel tipo di esperienza e sensibilità nel modo di agire e rapportarsi con gli altri: chi prendere, chi comprare, cosa cambiare di un gruppo di lavoro. Marotta in questo aveva un’intelligenza animalesca, istintiva, che hanno solo i professionisti con capacità superiori. È innegabile».
Prevale un po’ di rimpianto per non esserci stato all’Europeo o la voglia di tornare per il Mondiale?
«Sulla Nazionale non ho rimpianti. Quello che mi disturba è quando qualcuno mi dice “se ti chiamassero come terzo portiere potresti andare al Mondiale”…».
Perché la disturba?
«Sono stato il capitano della Nazionale è quindi so cosa significhi l’importanza di un gruppo: bisogna lasciare un c.t. capace come Mancini sereno e libero di fare le proprie scelte, senza rompimenti di scatole. E nessuno mi deve fare alcun regalo: me li faccio da solo, se ci riesco, perché lo sport è meritocrazia. Posso anche pensare che fare il terzo portiere sia troppo penalizzante, per come sto adesso».
Lei ha detto che la Juve con Ronaldo ha smarrito il suo Dna di squadra, perdendo la competizione all’interno del gruppo. Ma è stato un meccanismo inconscio o ve ne rendevate conto?
«Ho detto questo perché lo penso e facendo una riflessione più approfondita arrivo a dire che chiaramente la colpa non è di Cristiano, perché lui è quello e quando prendi un giocatore di quel calibro tu sai a cosa vai incontro. C’è da capire se gli altri sono preparati e secondo me molti giocatori non erano pronti a poter condividere un certo tipo di esperienza. Vuoi o non vuoi, un po’ tutti si sentono Cristiano e questo non deve mai accadere, soprattutto in realtà come la Juve. Quando lui è arrivato a Torino, io sono andato a Parigi. E quando sono tornato ho visto qualcosa di diverso, che non mi ricordava più quello che avevo lasciato».
(Corriere della Sera)
© RIPRODUZIONE RISERVATA