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"L’insopportabile pesantezza che ha caricato sulle spalle di giocatori già psicologicamente fragili — Barella e Dimarco gli unici leader nei club — ha finito per schiantarli. Troppe lezioni di vita, troppi richiami ai tifosi, troppo giogo addosso lì dove l’ultimo bel risultato era chiaramente dovuto a una leggerezza cui Luca Vialli seppe e volle aggiungere con la sua terribile vicenda personale quella nota drammatica che finì di ispirare l’Italia di Mancini. Spalletti è un uomo complesso che ti arriva col tempo e la quotidianità, è la goccia che scava la pietra come dimostra una carriera in cui è sempre andato in crescendo, fino al capolavoro di Napoli".
"La pervicacia con la quale ha proposto il povero Di Lorenzo nasce dal fatto che era l’unico che lo capiva compiutamente. Nel suo capitano di Napoli e nei debuttanti, da Calafiori a Fagioli, sul quale occorrerebbe mettersi d’accordo. La squalifica è stata scontata: possiamo considerare pagato il suo debito — da settembre il discorso varrà anche per Tonali — o lo stigma dovrà accompagnarlo per sempre? Non è stata soltanto l’eliminazione con la Svizzera, andando a memoria la peggiore prestazione azzurra degli ultimi 25 anni".
"È stato l’intero Europeo nel quale “gli eroi e i giganti” sono andati sotto quattro volte su quattro. Nel quale gli azzurri sabato hanno atteso il fischio finale di Marciniak come una liberazione, perché non vedevano l’ora di uscire da quell’incubo. Di tornare a casa. E quindi resti pure Spalletti, non arretriamo di un metro nella considerazione delle sue qualità da allenatore. Ma ci aggiunga l’umiltà e il senso della misura che ogni bravo ct deve usare visto il poco tempo a disposizione".
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