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Condò: “Italia, gli errori di Gravina e l’umiltà che manca al ct. Barella e Dimarco gli unici a…”

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Dalle colonne de La Repubblica, Paolo Condò analizza il disastroso Europeo dell'Italia
Gianni Pampinella Redattore 

Dalle colonne de La Repubblica, Paolo Condò analizza il disastroso Europeo dell'Italia. Il giornalista sottolinea gli errori commessi in questi anni da Gravina e manda un messaggio a Spalletti. "Ascoltando ieri Gabriele Gravina la sensazione da giorno della marmotta è stata potente: il calcio italiano rivive da tempo in loop gli stessi disastri e il presidente federale li affronta senza nemmeno lasciar balenare un gesto forte, col distacco di chi sa di non avere un’alternativa. Gravina è stato bravo a reggere il timone nella tempesta del Covid, dove ebbe a che fare con un ministro (Spadafora) per cui il calcio era fumo negli occhi. Ma si sarebbe dovuto giocare quel credito riformando la governance in armonia con i club, nella cui assemblea i grandi avrebbero dovuto risolvere preliminarmente la questione delle 18 squadre non per arrogante diktat, ma aprendo a qualche forma di compensazione per chi vedrebbe accentuata l’altalena tra A e B".

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"Se la big picture politica aiuta a spiegare il ripetersi dei fallimenti, non assolve certo la gestione tecnica di Luciano Spalletti, che ieri ha presentato non tanto gli alibi quanto le circostanze attenuanti di questo naufragio. Perché l’analisi abbia un senso occorre sgombrare il campo dalla necessità di veder rotolare delle teste. Avremmo apprezzato il gesto delle dimissioni come lo avremmo apprezzato da Mancini dopo il flop mondiale".


"L’insopportabile pesantezza che ha caricato sulle spalle di giocatori già psicologicamente fragili — Barella e Dimarco gli unici leader nei club — ha finito per schiantarli. Troppe lezioni di vita, troppi richiami ai tifosi, troppo giogo addosso lì dove l’ultimo bel risultato era chiaramente dovuto a una leggerezza cui Luca Vialli seppe e volle aggiungere con la sua terribile vicenda personale quella nota drammatica che finì di ispirare l’Italia di Mancini. Spalletti è un uomo complesso che ti arriva col tempo e la quotidianità, è la goccia che scava la pietra come dimostra una carriera in cui è sempre andato in crescendo, fino al capolavoro di Napoli".

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"La pervicacia con la quale ha proposto il povero Di Lorenzo nasce dal fatto che era l’unico che lo capiva compiutamente. Nel suo capitano di Napoli e nei debuttanti, da Calafiori a Fagioli, sul quale occorrerebbe mettersi d’accordo. La squalifica è stata scontata: possiamo considerare pagato il suo debito — da settembre il discorso varrà anche per Tonali — o lo stigma dovrà accompagnarlo per sempre? Non è stata soltanto l’eliminazione con la Svizzera, andando a memoria la peggiore prestazione azzurra degli ultimi 25 anni".

"È stato l’intero Europeo nel quale “gli eroi e i giganti” sono andati sotto quattro volte su quattro. Nel quale gli azzurri sabato hanno atteso il fischio finale di Marciniak come una liberazione, perché non vedevano l’ora di uscire da quell’incubo. Di tornare a casa. E quindi resti pure Spalletti, non arretriamo di un metro nella considerazione delle sue qualità da allenatore. Ma ci aggiunga l’umiltà e il senso della misura che ogni bravo ct deve usare visto il poco tempo a disposizione".