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Non esiste analisi accettabile che non li nomini tutti, i ragazzi di Simone Inzaghi. Dal primo all'ultimo. A tratti ci chiediamo come sia stato possibile vivere senza alcuni di questi giocatori, prima del loro arrivo in nerazzurro. Benji l'interista Pavard, per esempio. Benji l'interista Pavard che ad ogni chiusura, scivolata, recupero ha esultato come avesse segnato il gol vittoria. Incitando la folla. Che giocatore incredibile. Thuram, per esempio. Un attaccante intelligentissimo, che non si monta la testa, che vive per l'intesa con Lautaro. Autore di gol bellissimi nel derby. Il Capitano? Come sempre dovrebbe essere, il Capitano è l'Inter. E in questo caso lo è anche di più. Le sue lacrime raccontano una storia molto vera: non si arriva a gioie grandi senza lavoro, sacrifici e sconfitte. Ma se dalle cadute impari a rialzarti bene, i successi che verranno non saranno banali. Lautaro e l'Inter sono un'anima sola. Un sinonimo così perfetto da mettere tutti d'accordo. Dimarco, guerriero imprescindibile su quella fascia, che non vedeva l'ora di mescolarsi alla sua gente in piazza Duomo. Calhanoglu e il karma. Quanta fierezza in questa parabola da un naviglio all'altro. Quanta crescita personale e calcistica. Che smacco per il Milan averlo perso. Asllani è cresciuto insieme a lui. Questa stagione è stata decisiva per lui, gli ha dato l'opportunità di fare esperienza. E poi Bastoni, assoluto protagonista in attacco come in difesa, i suoi lanci a creare sempre un'idea nuova per mandare in gol qualcuno. Acerbi, giocatore eterno. Il suo gol di testa ci ha fatto impazzire. In questi anni ha dimostrato come gli anni non contino. Barella nel derby si è definitivamente candidato a diventare il Capitano del futuro. Non una sbracciata fuori posto, non una reazione ai tentativi rossoneri di buttarla nell'isteria. Non potrei mai pensare ad un'Inter senza Barella. Mai. E poi Dumfries e Darmian, così diversi e così equamente indispensabili. La corsa infinita di Mkhitaryan quando crea un corridoio inaspettato, che improvvisamente illumina la strada verso la porta avversaria. Sommer, una scoperta. Una stagione pazzesca, fatta di parate pazzesche in momenti inaspettati. Non era facile neanche per lui. Sanchez e Arnautovic, giudicati molte spanne sotto la coppia di attaccanti titolari hanno saputo ritagliarsi - a modo loro - uno spazio importante. Che fosse per una giocata utile o per far rifiatare la Thula, loro ci sono stati. E poi de Vrij, che in questa Inter vuole continuare a giocare perché ha la qualità per farlo e lo ha dimostrato. E poi Bisseck a tratti protagonista e il nuovo arrivato Buchanan, che si sono goduti una delle feste più incredibili mai organizzate sul suolo milanese. Carlos Augusto ha sempre dato una mano quando serviva, senza far rimpiangere Dimash. Con sostanza ma anche con tanto cuore. Cuadrado, uno dei più decisivi contro la sua ex squadra, non si è visto molto per colpa dell'infortunio. Il meno coinvolto in questa stagione è stato sicuramente Sensi, ma questa ormai non è più una notizia. E poi Audero, Klaassen, Di Gennaro. Ci sono tutti dentro questa vittoria. Citiamo per ultimo e non a caso, Davide Frattesi. I suoi gol contro il Verona e contro l'Udinese hanno cucito un importantissimo pezzo di scudetto sulla maglia di questa Inter. Una furia da scatenare all'occorrenza, che ha creato furore appena ne ha avuto l'occasione. Da grande, in tanti, vorrebbero rinascere Davide Frattesi.
Veniamo a Simone Inzaghi da Piacenza. Alla sua gioia incontenibile al fischio finale di lunedì sera. Un salto liberatorio a sancire l'impresa. La pacatezza alla vigilia del derby, la compostezza nell'accompagnare i suoi ragazzi in mezzo alla Curva e alla gente per un confronto dal sapore inusuale, antico. La costanza nel ripetere che a fare la differenza sono il lavoro, il sacrificio, il senso di appartenenza. E la voglia di regalare questo incredibile successo alla gente dell'Inter. Alle provocazioni che hanno toccato questa Inter non ha mai risposto. Educazione e rispetto hanno finora caratterizzato anche i festeggiamenti di questa squadra. C'è tantissimo di lui in questo modo che hanno i nerazzurri di fare calcio. Idee rivoluzionarie, intesa, giocatori che si cercano e si capiscono al volo. Si parla del gioco dell'Inter come di una dimensione nuova nella quale il calcio è relazione, non solo pragmatismo. Il destino lo ha portato sulla nostra panchina e la bravura dei nostri dirigenti dovrebbe far sì che su questa panchina possa rimanere ancora a lungo. Si è preso uno scudetto nel miglior modo possibile. Un lunedì sera, nel derby, a casa del Milan. Qualcosa che nessuno di noi (ma neanche di loro) dimenticherà più. È così che, in fondo, si scrive la storia. Quella con il finale migliore.
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