Beppe Bergomi ha presentato oggi il suo libro "Bella zio". L'ex difensore e capitano dell'Inter ha incontrato giornalisti, amici e tifosi alla Rizzoli in centro a Milano. Fcinter1908.it, presente sul posto con la propria inviata, vi riporta le dichiarazioni dei relatori della conferenza:
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FCIN1908 – Bergomi presenta “Bella zio”. Facchetti Jr: “Ero a cena con Sabatini e…”
La presentazione del libro dell'ex capitano nerazzurro
Fabio Caressa: "Nella vita le opportunità capitano a tutti e la differenza bisogna saperle raccogliere e per farlo bisogna crescere come ha racconta Bergomi nel suo libro, per coglierle certe opportunità bisogna avere radici forti. In lui è maturata la consapevolezza che quando lavora bene si possono veicolare messaggi importanti e siamo simili in molte cose".
Andrea Vitali, autore libro: "La cosa divertente è quello che precede le imprese che conosciamo, quello che era Giuseppe Andrea prima di diventare Bergomi. È stato molto umano conoscere il Beppe giovanissimo, quando si faceva accompagnare dal macellaio per andare agli allenamenti".
Robbioni: "Avere un modello non significa fare copia e incolla. in questo romanzo mi ha colpito la storia in cui marcava un ragazzo biondo di nome Rummenigge e lui aveva solo 18 anni. Quando si racconta ai giovani quasi non ci credono ma di sicuro lui è la prova che se si lavora bene ci si possono prendere delle responsabilità".
Bergomi: "Ho smesso di giocare da venti anni e in tanti mi hanno chiesto di fare un libro ma ho sempre detto di no su l'autobiografia, basta andare su internet. Poi ho conosciuto vitali che mi ha detto di voler fare un romanzo della mia vita da bimbo, prima di arrivare a diventare un giocatore professionista. L'unico che ha cercato negli anni di portarmi all'Inter è stato Facchetti e lo ringrazierò sempre. Poi non è andata in porto perché anche io ho preferito fare quello che sto facendo. All'inizio è stato difficile ma non potevo accontentare tutto quindi ho sempre cercato di dire le cose nel giusto modo. I ragazzi di oggi hanno dentro valori importanti. Sono più svegli di noi, bisogna entrarci dentro, ma c'è bisogno di essere da esempio. Bisogna trasmettergli qualcosa. Se gli dai quello che hai avuto nella tua vita, crescono e vanno da soli. Lo sport poi è un valore importante. Quando sei giovani anche la stampa è benevola. Ti aiutano tutti in squadra. I primi 10 anni di carriera sono volati, mi sono divertito molto. Poi sono cominciate le pressioni. Ho fatto un Mondiale a 35 anni e lì erano diverse le pressioni. Io sono cambiato dopo che Caressa è venuto a prendermi e mi ha fatto fare tv e io dicevo si è sbagliato...Quale messaggio vorrei dare ai ragazzi giovani? Lo possono leggere i papà e i figli, lo possono leggere nelle aziende perché la metafora dello sport è utile. Essere capitano non significa solo scambiarsi il gagliardetto e più che nelle parole ho cercato di essere un esempio con i comportamenti. Vedo in mio figlio un po' di me e lo dedico a lui, non me ne voglia mia figlia, perché lo vedo per lui. Mi chiamano tutti ancora Zio, Marini all'epoca dava un soprannome a tutti. E mi disse: "Con quei baffi sembri mio zio", da lì è nato il mio soprannome".
Gianfelice Facchetti: "Papà come Bergomi parlano poco. Per me lui è stato il primo capitano dell'Inter e vivendo a pochi km di distanza da me, me lo rendeva presente e vicino. Leggendo la storia del libro mi ha colpito affinità con mio padre. C'è un pudore nel raccontarsi campione e questo è vicino a papà. Mi hanno dato il libro da leggere ed ero a cena con Sabatini. Gli ho raccontato che papà mi diceva che gli sarebbe piaciuta una figura Come quella di Beppe vicino ai giocatori. Lui è vicino a chi ama il calcio con equilibrio. Abbiamo bisogno di gente che parla da tifoso, lui è riuscito a portare un linguaggio diverso nel calcio, un linguaggio equilibrato".
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