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Trovare un senso in questa vicenda calcistica è una missione senza speranza. Stiamo parlando di una partita della categoria U17 giocata dall'Inter nel Torneo di San Bonifacio contro l'Atalanta. Una partita che ha determinato la sospensione dell'incontro con relativa vittoria assegnata a tavolino ai bergamaschi e la squalifica di Gnoukouri Wilfried (fratello di Assane) per un periodo di due anni. Avete capito bene, due anni. Che cosa ha combinato il giocatore nerazzurro per meritarsi questa sentenza? Giudicate da soli:
Leggiamo il referto:"Ammonito per proteste, offendeva l’arbitro. Alla notifica del successivo provvedimento disciplinare, colpiva volontariamente e con forza il direttore di gara al volto (mandibola destra) con mano aperta, provocandogli dolore fisico tale da determinare l’arbitro alla conclusione anticipata della partita. Mentre il direttore usciva dal terreno di gioco, lo stesso giocatore manteneva un comportamento minaccioso e tentava di aggredirlo nuovamente, desistendo dalla grave condotta solo in quanto trattenuto da un dirigente della propria Società."
Leggiamo il referto, riguardiamo il video e qualcosa di molto importante ci sfugge: l'attinenza fra le due cose. Fra la realtà e l'immaginazione. Fra quanto realmente accaduto su un campo delle giovanili e quanto vergato dall'arbitro in un referto, che in quanto documento dovrebbe poter essere ritenuto realistico. Affidabile. Credibile.
Non c'è nulla di credibile in tutto questo e se sulla senza dubbio esagerata protesta del giocatore è intervenuta la società nerazzurra con le sagge parole di Roberto Samaden (Gnoukouri è stato sospeso a tempo indeterminato), la squalifica di due anni lascia totalmente senza parole. Prima di tutto perché ad ogni azione deve corrispondere la giusta punizione. Chi è stato implicato nel calcioscommesse ha scontato pene di pochi mesi, le immagini di Higuain e Bonucci ci ricordano che per episodi di questo genere, nel calcio che conta, la pena è irrisoria (o non viene proprio applicata). Ciò che si legge nel referto semplicemente non esiste. Come possiamo quindi spiegare a Gnoukouri che la sua carriera è finita prima ancora di essere iniziata? Che tipo di insegnamento si spera di impartire con una decisione arbitrale (a maggior ragione) in ambito giovanile che allontana il giocatore dai campi per due anni? L'obiettivo è stroncare? O educare? È più che ragionevole pensare che l'Inter faccia ricorso. Speriamo che questo venga accolto perché la carriera del ragazzo dipende ormai da qualcosa che non c'entra più con le sue qualità calcistiche.
Non è la prima volta che ad un giocatore nerazzurro delle giovanili viene impartita una squalifica esemplare. Era successo anche a Simone Pecorini, terzino della Primavera vincente di Stramaccioni, per un episodio che ha dell'analogo (leggi qui). Anche in quel caso c'era un video che attestava la mancanza di violenza e aggressione, anche in quel caso la squalifica comminata giungeva da chissà quale universo fantastico. Nove mesi ridotti in seguito al ricorso dell'Inter a sei. Sarà tutta una casualità, ma qualcosa non torna.
Se l'obiettivo è insegnare a Gnoukouri che protestare sui campi di calcio non è un atteggiamento tollerato si riveda quanto fatto realmente dal giocatore e lo si punisca per quello. Mantenendo un equilibrio e una proporzione sensati. E assegnandogli una punizione che gli permetta di riaffondare i tacchetti sui campi per dimostrare che ha imparato la lezione. Perché fra due anni Gnoukouri potrebbe aver già dovuto cambiare mestiere e buttare via un sogno. Tutto per un'aggressione che non si è mai compiuta. Tutto perché applicare sanzioni in maniera incomprensibile è più facile in certe squadre e in certe società. E no, la legge non è uguale per tutti. Oggi più che mai chi ha pensato che una squalifica di questo tipo fosse anche solo lontanamente giusta può fare solo una cosa. Sprofondare dalla vergogna.
Twitter @SBertagna
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