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Nessun rimpianto?
«Assolutamente no: lo sport prevede la sconfitta anche quando pensi sia immeritata ma, come ho detto ai miei giocatori, se hai dato tutto, giocato bene, emozionato, devi solo essere orgoglioso del tuo percorso. E l’abbraccio dei tifosi, che ci hanno scortato a fine gara fino al nostro hotel e siamo scesi a ringraziare, è la dimostrazione che il nostro impegno è stato apprezzato».
Ci si è messo pure l’arbitro però: sull’autogol decisivo di Muldur c’è un fallo netto. Come si fa a non fischiarlo?
«Sono contento sia lei a sottolinearlo, perché non amo fare polemiche e aggrapparmi agli errori altrui. Ma se posso giustificare l’arbitro che può non aver visto il fallo nella dinamica dell’azione, il replay non lascia alcun dubbio. E non capisco come non sia stato richiamato al Var».
Che Europeo ha visto dalla panchina?
«Un po’ avaro di spettacolo, con un calcio più verticale rispetto al passato e partite molto equilibrate sin dai gironi. Non esistono più le Nazionali materasso. Tutte sanno metterti in difficoltà. Anche i Paesi meno celebrati hanno calciatori che giocano nei campionati top e gli allenatori sono tutti preparati».
Si aspettava il flop dell’Italia?
«No, come nessuno del resto. Sinceramente, non me lo spiego. Spalletti era per me l’allenatore più bravo degli Europei: preparato, attento, meticoloso, esperto. Sembrava aver ridato entusiasmo, gioco e identità. Mi spiace molto per l’Italia».
Spalletti lamenta di aver avuto poche partite da Ct alle spalle. Ma lei ne ha avute quanto lui, eppure...
«Ho troppo rispetto per Luciano e per il suo lavoro per permettermi di giudicare da fuori un collega bravo come lui. Io ho avuto la fortuna di essere seguito subito dai miei ragazzi e di aver trovato una sintesi tra le mie idee di calcio e le loro qualità tecniche e caratteriali».
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