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L’Italia deve quindi impostare una strategia diversa, alzando il ritmo, pressando, un po’ come ha fatto nelle prima gara l’Albania che però ha meno qualità complessiva. Pressare, anche a costo di rischiare qualcosa dietro, ma obbligarli a sudare e correre. Se la partita rallenta, loro sono in vantaggio. Si dice siano finiti da tempo, ma al Mondiale sono arrivati in semifinale, in Nations League hanno perso la finale con la Spagna, insomma i croati hanno sempre la chiave per sopravvivere.
Una cosa che può esserci utile è il fatto che quest’Italia ha lo spirito del suo c.t., non è abituata a difendere, non accetta il pari se non costretta. Forse, inconsapevolmente, contro la Spagna ha pensato al pari e ha pagato. Con la Croazia non farà questo errore, non perderà l’anima di Spalletti. Qualche perplessità, obiettivamente, ce l’ho sul piano tattico perché il 3-2-4-1 è un sistema che ha bisogno di tempo per essere assimilato: chi ha pagato di più è stato Di Lorenzo, in difficoltà a fare il terzo difensore, senza il riferimento della linea laterale per marcatura, diagonali e altro. Si trovava spesso in uno spazio non suo.
Ma Luciano vede i suoi tutti i giorni e, vi assicuro, non c’è tecnico che non schieri i migliori. Valuterà se Barella sarà più utile per dare profondità, se le visioni in verticale di Fagioli saranno utili, se sarà meglio la concretezza di Retegui o la tecnica di Scamacca che però deve capire una cosa: lui è il centravanti di questa squadra e non può pensare sempre che si possa uscire palleggiando. Ci vuole anche il 9 che tiene palla, fa alzare la squadra e non cerca subito l’appoggio. Questa non è una partita come le altre e servirà che giochino tutti, non solo quelli in campo, ma la delegazione azzurra, perché chi gioca a Lipsia domani non si senta mai solo.
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