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Rossi: “Inzaghi mi ha sorpreso. Bravissimo a leggere le partite, empatia con tutti i giocatori”

Intervistato da La Gazzetta dello Sport, il tecnico Delio Rossi ha parlato dell'allenatore dell'Inter Simone Inzaghi che ha avuto da giocatore

Intervistato da La Gazzetta dello Sport, il tecnico Delio Rossi ha parlato dell'allenatore dell'Inter Simone Inzaghi che ha avuto da giocatore:

Rossi, ci tolga subito una curiosità: vedeva in Simone Inzaghi un potenziale allenatore futuro?

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«Ho avuto tanti giocatori che con il tempo sono diventati allenatori a vari livelli, ma onestamente, se penso ai miei anni alla Lazio, non posso dire che Simone mi dava la sensazione di voler intraprendere questa carriera. Per dire, Breda e Liverani erano sempre interessati sia alla tattica sia alla preparazione fisica. Simone no».

Come mai?

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«Allenatore e giocatore sono due mondi diversi. L’allenatore deve pensare al gruppo, fare delle scelte, mantenere certi equilibri. Il giocatore, invece, è portato a pensare di più a se stesso, a giocare bene, a impegnarsi per avere una maglia da titolare. Cambia lo status».

Oggi cosa la sorprende di più dell’allenatore Inzaghi?

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«Io che l’ho conosciuto bene, a volte lo consideravo un po’ superficiale in alcuni atteggiamenti. Adesso, invece, da allenatore, vedo che è concentrato su tutto, molto meticoloso, attento al minimo dettaglio. E sì, questo mi sorprende».


Un’altra dote che la colpisce?

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«La sua capacità di leggere le partite. È davvero bravissimo in questo, sia nel preparare un match sia nel trovare le soluzioni a gara in corsa. E non è un caso che nelle gare da dentro o fuori, lui alla fine riesca sempre ad arrivare fino in fondo».

Molti giocatori sottolineano la capacità di Inzaghi di entrare in sintonia con la squadra.

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«Vero, Simone sa entrare in empatia con ogni giocatore. È una dote speciale ed è una fortuna che ha ereditato dalla carriera da giocatore. Lui ha vissuto lo spogliatoio dei campioni perché nella Lazio di Cragnotti sono passati tanti fuoriclasse: penso a Veron, Nedved, Vieri, Salas, Almeyda… potrei stare qui ore a fare l’elenco. Ecco, lui andava d’accordo con tutti, sapeva farsi voler bene da tutti e mi creda che non è una cosa semplice. Questo suo modo di vivere in gruppo da giocatore evidentemente lo ha aiutato anche oggi che è dall’altra parte dello spogliatoio».

Essere stato un calciatore importante aiuta a diventare un allenatore vincente?

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«No, non è detto, non è sicuramente una cosa automatica anche perché un allenatore deve sapere insegnare poi. Io credo che pure i tecnici si dividono in categorie: ci sono i maestri e i gestori. E poi c’è una categoria in mezzo, in cui si trova Simone. E da lì sta facendo benissimo».

 

 


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