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Un’altra dote che la colpisce?
—«La sua capacità di leggere le partite. È davvero bravissimo in questo, sia nel preparare un match sia nel trovare le soluzioni a gara in corsa. E non è un caso che nelle gare da dentro o fuori, lui alla fine riesca sempre ad arrivare fino in fondo».
Molti giocatori sottolineano la capacità di Inzaghi di entrare in sintonia con la squadra.
—«Vero, Simone sa entrare in empatia con ogni giocatore. È una dote speciale ed è una fortuna che ha ereditato dalla carriera da giocatore. Lui ha vissuto lo spogliatoio dei campioni perché nella Lazio di Cragnotti sono passati tanti fuoriclasse: penso a Veron, Nedved, Vieri, Salas, Almeyda… potrei stare qui ore a fare l’elenco. Ecco, lui andava d’accordo con tutti, sapeva farsi voler bene da tutti e mi creda che non è una cosa semplice. Questo suo modo di vivere in gruppo da giocatore evidentemente lo ha aiutato anche oggi che è dall’altra parte dello spogliatoio».
Essere stato un calciatore importante aiuta a diventare un allenatore vincente?
—«No, non è detto, non è sicuramente una cosa automatica anche perché un allenatore deve sapere insegnare poi. Io credo che pure i tecnici si dividono in categorie: ci sono i maestri e i gestori. E poi c’è una categoria in mezzo, in cui si trova Simone. E da lì sta facendo benissimo».
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