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Ricordo che lo scontro diretto tra i nerazzurri e i bianconeri, in programma il 4 febbraio, potrà rompere in parte l’equilibrio, ma non decidere le sorti dello sprint. Sono troppe le partite da lì alla fine, ci possono essere molte trappole, c’è sempre il pericolo degli infortuni o di un improvviso calo di forma.
La Juve, alla fine, ha sfruttato la debolezza dell’avversario, ma non ha aggiunto nulla di suo: i ragazzi di Allegri, sistemato il risultato, hanno controllato, si sono messi indietro, non hanno mai cercato di costruire una manovra che potesse illuminare il palcoscenico.
A Monza, l’Inter mi aveva fatto un’impressione ben diversa: soprattutto all’inizio aveva pressato, aveva messo all’angolo l’avversario e l’aveva costretto alla resa. Nella prestazione dei nerazzurri avevo visto una prova di forza. In quella della Juve contro il Sassuolo, molto meno. Forse anche perché la Juve non è una squadra dominante, non ama tenere il pallino del gioco, ma preferisce stare dietro e ripartire in contropiede. È nel suo dna.
La Juve ha un vantaggio rispetto all’Inter, e non si tratta di un vantaggio da poco. Non è impegnata nelle coppe internazionali. Ha dunque la possibilità di allenarsi soltanto per il campionato e ciò fa sì che, potenzialmente, ci siano meno infortuni e che non vengano sprecate energie. Il maggior tempo da dedicare agli allenamenti va però sfruttato per arrivare a costruire un’identità di squadra: è quello che mi aspetto dalla Juve da qui alla fine della stagione.
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