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E dove non arriva Beppenostro, si presentano gli aficionados. Ieri, per colpire Maurizio Molinari, direttore di Repubblica, giornale di John Elkann molto critico sul Var, un maturo collega interista votato alla leggerzza si è concesso una battuta del belino su di me per poi correggersi privatamente e tuttavia confermando che Inter-Juve si sta facendo di nuovo caldissima, pur se a ruoli invertiti: l’inchiesta di Torino su plusvalenze e affini ha demolito un management scaltro e pronto a tutto, mentre il neonato sta cominciando solo ora a comprendere dinamiche, tempi e metodi della lotta-scudetto fuori dal campo.
Nel frattempo manca solo che dal fronte nerazzurro sorga il lamento pudico che ha accompagnato per decenni la Signora: «Gli arbitraggi favorevoli - tubavano i cicisbei - producono soltanto un danno d’immagine, non vogliamo aiuti, sappiamo vincere da soli». Chiarisco che questa non può, né deve, essere considerata una precisazione perché non avevo nulla da precisare.
In fondo Marotta è come quel calciatore che detesti da avversario, ma vorresti sempre avere nella tua squadra. Anche se la mia squadra del cuore, il Bologna, finché ci saranno Sartori e Motta potrà farne serenamente a meno. Secondo Fabrizio Caramagna, principe degli aforisti, anche se l’aquila non c’è più, la lepre sente ancora i suoi artigli nell’aria.
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