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C’è tanto Gigi dentro a Gianfranco insomma...
«Papà Ignazio aveva fatto il pastore, il camionista, non aveva avuto tempo di giocare a calcio, doveva lavorare. Poi è arrivato Gigi, un lampo: posso dire che sono diventato quel che sono stato grazie al mio papà e a lui. Gigi. Sì, in un certo senso Riva è dentro di me».
Boninsegna l’ha definito il “mio Hulk”. Per lei era?
«Per me era Dio, il centro dell’Universo, l’uomo che ha raffigurato e sostenuto un popolo, il nostro popolo. Lui non era un uomo costruito. Era naturale. Lui non è nato in Sardegna ma ha scelto la mia terra. E l’ha coltivata».
Vi sentivate spesso?
«Avevamo anche mangiato insieme a un ristorante vicino al porto non molto tempo fa. Ci sentivamo sì, piacevolmente anche. Parlavamo anche della nostra gente: pur non essendo nato qui aveva una sensibilità verso questa terra straordinaria, unica. Era vicino alla gente e alla gente ci teneva. I minatori, i venditori di latte: ha spalleggiato le loro battaglie, ha parlato in loro favore sempre senza una frase in più ma con ragionamenti sobri, suoi, quelli senza tanti giri di parole inutili. Era il nostro portavoce».
Quali consigli le ha dato Giggirriva?
«Ci conoscemmo per bene in Nazionale: lui era legato a Robi Baggio ma dispensava consigli a chi li chiedeva. Lo chiamai prima del mio ritorno in Sardegna, a Cagliari: gli chiesi com’era l’ambiente, come la squadra, il presidente Cellino, insomma se sarebbe stato il caso di abbandonarmi definitivamente alla voglia di tornare nella mia terra. Fu importante, mi diede suggerimenti enormi».
Appena saputa la notizia cosa ha pensato?
«Diego, Vialli, Paolorossi, ora lui: mi hanno tutti lasciato un segno, Gigi per me era una divinità».
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