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Questa mattina, La Gazzetta dello Sport dà notizie su Mario Balotelli, fuori nell'ultima gara, quella contro la Danimarca per un'influenza che lo ha tenuto a letto. Ha attirato la nostra attenzione questo titolo: "Ultimo treno Balo. Sta male, ma parte per Napoli: sarà il simbolo anticamorra". E allora abbiamo cercato di capire cosa si intendesse: "Mario vive il gruppo e domani a Quarto presterà la sua immagine forte al servizio della legalità, contro la camorra, attaccando così una pezza sull’infelice comparsata a Scampia. Un cammino di rieducazione". Mario quindi, uomo-immagine contro la Camorra.
LUI DICE DI NO - Lui su Twitter ha subito precisato: "Questo lo dite voi! Io vengo a giocare perché il calcio è bello e tutti devono giocarlo dove vogliono e poi c'è la partita!". Insomma l'attaccante milanista ha messo i puntini sulle i, semplicemente - e giustamente - vuole solo giocare a calcio. E' l'unica cosa che gli interessa.
ESEMPI NORMALI- Che poi non sarebbe neanche una passeggiata essere un simbolo anti-camorra. Ci vogliono atteggiamenti di un certo tipo (dentro e fuori dal campo). Ci vuole saggezza, sostanza, non apparenza. Contro qualsiasi tipo di mafia (intendiamolo come sopruso, ecco) combatte chi, pur non avendo molti mezzi a disposizione e nessuna certezza sul futuro, vive giorno per giorno cercando di portare a casa il pane, tenendosi lontano da qualsiasi provocazione, rinunciando a qualsiasi desiderio di ricchezza facile. I ragazzi normali. Normali perché sanno cosa significa accettare la propria condizione e cambiarla in ogni attimo tenendo la schiena dritta e i loro valori a portata di mano.
SUA SANTITA' - Non ce ne voglia Balo, questa non è morale, figuratevi quanto ci importa farla di questi tempi in cui vale davvero tutto e il contrario di tutto. Non ce l'abbiamo con lui, non potremmo perché è solo un ragazzo di 23 anni. Ma questa sistematica volontà di farlo apparire santo (lo fanno un po' tutti e visto il suo tweet, a sensazione, non è che gli piaccia più di tanto come immagine) o almeno beato, spesso fa perdere di vista il fatto che i superoi costruiti a tavolino non esistono.
SUL CAMPO - Esistono disegnati nei fumetti, raccontati nelle favole. Ma nella vita reale sono quelli che simbolo scelgono di essere e lo sono per davvero. Negli atteggiamenti, nelle parole, nei fatti. SuperMario starebbe simpatico a tutti se si ricordasse più spesso che è solo un giocatore di calcio, un attaccante che deve fare gol per il Milan e per la Nazionale Italiana. Ed è sul campo che deve preoccuparsi di fare l'eroe.
OPINIONE - Quanto a quello che fa fuori dal rettangolo di gioco, in generale tutte le volte che fa qualcosa 'di sbagliato' si corre ai ripari per dire 'ma è un bravo ragazzo in fondo'. Certo che lo è, non c'è neanche bisogno di specificarlo. Ne siamo sicuri. Ma ha sempre prima messo davanti a sé il personaggio. Alla sua 'privacy' ci tiene e ha scelto di mostrare solo alcune cose. Ed è tutto quello che sappiamo di lui: macchine, donne (e adesso 'guai' a chi gli tocca la sua) lusso, cresta, cappello, orecchini, (senza dimenticare i soldi regalati ai clochard), colpi di testa, magliette lanciate a terra, prepotenza nei modi sul campo, e minacce: "Ti ammazzo, te la faccio pagare" (lo hanno raccontato le stesse pagine). Questo è quello che lui ha mostrato finora. Non ci sembra molto per pensarlo come esempio. E tantomeno come simbolo antimafia.
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