twinter

B.Facchetti a FCIN1908: “Vi racconto papà . Dai giocatori amati alle chiacchierate con Hodgson. Il 5 maggio 2002…”

Abbiamo avuto l’onore di vederlo vestire la nostra maglia dal 1960 al 1978, ogni interista è stato fiero di sentirsi rappresentato da un uomo puro e leale come lui. Simbolo e bandiera di un’Inter che dominava il mondo, silenziosa ed...

Alessandro De Felice

Abbiamo avuto l’onore di vederlo vestire la nostra maglia dal 1960 al 1978, ogni interista è stato fiero di sentirsi rappresentato da un uomo puro e leale come lui. Simbolo e bandiera di un’Inter che dominava il mondo, silenziosa ed inossidabile presenza, cui mai nessuno si abituerà, a doverne fare senza: Giacinto Facchetti.

Il calciatore lo conosciamo molto bene, che razza di atleta fosse Giacinto lo sanno anche i muri, è per questo che stasera vogliamo raccontarvelo in una veste diversa: quella di padre/calciatore. Ricordiamo il grande Facchetti dal racconto di sua figlia Barbara a Fcinter1908:

Salve signora Barbara, ci racconti un po il Facchetti papà, com’era con i figli?Per lui la famiglia era tutto, non è mai capitato una volta di vederlo tornare stanco, eppure, gli allenamenti erano duri. Lui rientrava e subito iniziava a giocare con noi, era il suo modo di rilassarsi, un uomo tutto per la famiglia”.

E con sua moglie?

“Guardava sua moglie con gli occhi di uomo innamorato, la amava senza riserva e le ha sempre ripetuto: “potendo, ti risposerei ancora e ancora”.

Cosa ricorda del Facchetti calciatore?

“Ero piccola ma determinate cose non potrò mai cancellarle dalla mia mente, ad esempio l’odore della pomata che usavano per fargli i massaggi dopo gli allenamenti. Quell’essenza mi è rimasta impressa. Poco tempo fa a distanza di tanti anni mi è capitato di sentire ancora quell’odore, qualcuno stava utilizzando un prodotto simile e si scusava con me per l’odore che emanava, ma non sapeva quanto invece mi stava rendendo felice".

Qualche volta ti accompagnava a scuola?

“Veniva a prendermi, ma non scendeva mai dalla macchina. Parcheggiava proprio li accanto, io lo vedevo e gli andavo incontro”.

Aveva paura di essere circondato dai tifosi?

“No, ha sempre amato la sua gente, carino e disponibile con tutti, non negava foto ed autografi a nessuno. Semplicemente era un po timido.”

Da bambina andava a vedere papà giocare?

“Non sarebbe potuto essere altrimenti, lui era visceralmente innamorato dell’Inter e questa cosa l’ha trasmessa a noi figli. Andavamo allo stadio con i suoi fratelli e non dimenticherò mai i brividi che provavo nel vederlo in campo, avevo paura si facesse male."

Dopo il calciatore, c’è stato il Facchetti dirigente. Come ricopriva questo incarico?

“Lui era un bravissimo mediatore, trattava i calciatori come fossero i suoi figli, quando c’erano problemi di spogliatoio interveniva sempre a mettere le cose apposto, non sai quante volte lo sentivo bisbigliare con qualche calciatore mentre lo invitava a chiamare il compagno e sistemare il malinteso.  Lui era fatto così, una buona parola per tutti. Ricordo con simpatia un aneddoto: una sera invitammo Adriano a cena e lui lo curava come fosse uno di famiglia, alla fine del pasto c’erano dei profitteroles, erano davvero buoni ed allora feci il bis, a quel punto anche Adriano protestò per avere la seconda razione ma papà gli disse: “Tu non puoi, domani hai la partita, Barbara non gioca”

C’e stato un allenatore a cui si è legato di più?“Non solo uno, si è affezionato a molti allenatori, Zaccheroni ad esempio, ma anche Roy Hodgoson. Lui e Mr Roy erano entrambi molto silenziosi, ma quando si ritrovavano parlavano per ore. Vai a capire.”

Ed invece a quale calciatore era più affezionato?

“Anche in questo caso, non ce n’è uno solo. Potrei dirti Cambiasso, Materazzi, Cruz, Zanetti, Pagliuca. Lui amava gli atleti, adorava chi si allenava da professionista, si rivedeva un po' in loro.

Qual e’ stata la volta in cui lo ha visto tornare a casa particolarmente felice dopo una vittoria?

In realtà lui non si esaltava mai, era molto equilibrato, certo era sempre contento di vincere”

C’è stata invece qualche sconfitta che lo ha particolarmente fatto dispiacere?

“Quella del 5 Maggio, in quell’occasione ricordo che spense tutti i telefoni, non voleva parlare con nessuno. Rimase chiuso in giardino e non si muoveva”.

Poi, però, c’è stato il 22 Maggio 2010, Giacinto non era fisicamente presente, eppure, tutti lo abbiamo sentito particolarmente vicino. Come pensi avrebbe festeggiato il coronamento del suo sogno?“Me lo immagino così: papà che abbraccia tutti i calciatori, enorme gioia, quel suo grande sorrisone ripreso dalle telecamere e lui che alza la coppa. Poi sarebbe tornato a casa e se ne sarebbe andato a dormire. Era fatto così”.

Ringraziamo Barbara Facchetti per la gentilezza e la disponibilità avuta nei nostri confronti.