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Con l’Inter ci vuole amore

Oggi è stata una prova d’amore. Erano in tanti a pensare che la squadra, chi più chi meno, stesse mollando sul piano dell’attaccamento alla maglia. In molti poi immaginavano un tentativo di abbandonare Mazzarri al suo destino, continuando in...

Alessandro De Felice

Oggi è stata una prova d’amore. Erano in tanti a pensare che la squadra, chi più chi meno, stesse mollando sul piano dell’attaccamento alla maglia. In molti poi immaginavano un tentativo di abbandonare Mazzarri al suo destino, continuando in una deriva fatta di fragilità e di torpore inconsistente. Ma l’Inter è una squadra pazza, imprevedibile, degna dei suoi tifosi e della sua storia. Non abbiamo giocato bene, neppure per idea. Spero vivamente che nessuno sostenga sensatamente che questo risultato è frutto di un grande progresso tecnico e tattico.

Oggi è stato l’amore a fare la differenza.

Ha il volto di Samuel, capace di una prestazione mostruosa, in difesa e persino in attacco. La sua ranzata, puntuale come un cronometro, è arrivata sugli stinchi di Maxi Lopez dopo un minuto, forse meno. Niente di clamoroso, neppure da ammonizione. Per fortuna, perché poi l’ammonizione è arrivata al termine di un rito sacrificale, necessario per far saltare definitivamente i nervi a Eder, colpevole di una simulazione indecente, e dunque appena raggiunto da un giallo. I nervi saltati al brasiliandoriano, che mette le mani in faccia ad Handanovic dopo che the Wall lo aveva appena spinto via a bracciate, e non sappiamo con quali dolci parole di accompagnamento, sono il frutto di un ottimo lavoro del nostro incredibile Walter (il vero grande Walter dell’Inter).

Ha il volto di Handanovic, un portierone incredibile, che ci ha fatto soffrire per mesi, incerto e altalenante, capace di prendere dei gol idioti, e di compiere, nella medesima partita, interventi da grande campione. Oggi, a Marassi, Samir è stato il migliore in campo, non solo perché è tornato a parare un calcio di rigore (per di più battuto da Maxi Lopez, che ha sicuramente pagato lo stress nervoso del confronto sessuale e familiare con Icardi), ma anche perché prima e dopo il rigore ha effettuato interventi straordinari, evitando – e questo è il punto doloroso – almeno due o tre gol quasi fatti dalla Sampdoria.

Ha il volto di Kovacic, con quel sorriso mite e paziente, che nasconde una capacità di assorbire le critiche e le incertezze di una stagione che avrebbe potuto averlo come protagonista assai da prima, e forse adesso non staremmo qui a contare i punti con il pallottoliere, sperando nella buona sorte delle ultime cinque di campionato. Oggi Mateo è stato esemplare per grinta, estro, inventiva, sobrietà di gioco, lucidità nei lanci e negli spostamenti, umiltà nel rientrare, difendere e ripartire. C’è tempo per lui, sperando che lo lascino crescere, e soprattutto che torni a giocare sempre, dall’inizio, come meritano i campioni naturali, quelli che non hanno bisogno sempre di una lavagnetta e di un tattico che gli spiega come si fa la pipì a centrocampo.

Ha il volto di Icardi, capace di sconfiggere un intero stadio, e i perbenisti, i bacchettoni di ogni genere, i prostituti intellettuali che speravano di neutralizzarlo proprio adesso (per carità, ogni tanto spegnere lo smartphone, specie a letto, non è una cattiva idea, vero Wanda?). Due gol belli, essenziali, da attaccante puro, senza fronzoli, con il fiuto della rete e la fame che ci vuole in questi casi. E un carattere che si sta temprando, dando la sensazione che l’Inter sia la sua squadra.

Ha il volto di Palacio, ormai quasi invisibile nella sua bravura, nella capacità di tenere il punto, di fare assist incredibili che sembrano palloni normali e di segnare al momento giusto, con la serenità dei grandi campioni che fanno la differenza.

Non ha il volto di Mazzarri, che nel dopopartita si presenta come uno sconfitto nel gioco e nello spirito, ingrugnito e triste, perché forse ha avuto la netta sensazione che i giocatori hanno fatto quello che volevano loro, e non quello che lui ha chiesto. Ha ragione quando afferma che nel primo tempo l’Inter non è stata all’altezza e ha giocato male, soffrendo troppo. Ma non può dire che “ha giocato peggio del solito”. Non è così. La verità è che ha piazzato una difesa a tre improponibile, con Ranocchia fuori posizione (i suoi errori sono figli soprattutto di questa idiozia), e quando siamo rimasti in vantaggio numerico non ha modificato nulla tatticamente, consentendo alla Samp di fare venti minuti strepitosi, nei quali solo Handanovic ci ha salvato dall’ennesima figuraccia.

E’ giusto oggi essere contenti. Ma il messaggio che arriva da Genova è chiaro: questa squadra deve essere amata, e il rapporto fra l’allenatore e i giocatori non può essere impostato costantemente sulla presunzione di essere l’unico depositario della verità. Ma pretendere da Mazzarri di cambiare (non il modulo, ma la sostanza) è un’impresa impossibile. Chiudiamo al meglio questa sciagurata stagione, ma poi giriamo pagina.