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Crescita non certificata: manca il sigillo di qualità , numeri chiari. Ma la nota lieta…

É il leitmotiv della stagione nerazzurra: si parte imbragati per affrontare la salita e si scivola costantemente allo stesso punto della pendenza. Sempre sullo stesso ciottolo. L’Inter inciampa al momento di imprimere vigore, quando dopo...

Alessandro De Felice

É il leitmotiv della stagione nerazzurra: si parte imbragati per affrontare la salita e si scivola costantemente allo stesso punto della pendenza. Sempre sullo stesso ciottolo. L’Inter inciampa al momento di imprimere vigore, quando dopo qualche prestazione convincente, arriva la necessità di dimostrare i fatti. Di certificare la crescita. L'Inter viene rispedita dal consorzio al reparto produzione: non si può imprimere il marchio di qualitàAd Empoli l’Inter trema di paura e ancora peggio, in 90’ non riesce a trovare il coraggio e la forza di provare a reagire. I toscani ci mettono il doppio dell’intensità. Ne consegue una gara (quella nerazzurra) fitta di imprecisioni, dove l’improvvisazione è lo strumento principale a cui ricorrere per cercare di costruire qualcosa di concreto, ovviamente senza mai riuscirci. Ci provano un po’ tutti, da Guarin a Palacio, da Hernanes a Podolski, sbattendo puntualmente sul muro dell’organizzazione della squadra di Sarri. I numeri sono impietosi: 10 angoli a 3 per l'Empoli; 13 tiri totali verso la porta nerazzurra, solo sei quelli interisti. I tiri nello specchio della porta sono, invece, 5 per gli avversari e uno per gli uomini guidati da Roberto Mancini. Un altro dato sottolinea la differenza della portata di lavoro che riescono a svolgere i toscani (uno in particolare, Valdifiori), contro i nerazzurri: all’Empoli è bastato un solo centrocampista per svolgere il lavoro che all’Inter hanno garantito in due (Guarin e Medel). Il playmaker col numero 6 sulle spalle ha compito 59 passaggi positivi, contro i 22 di di Guarin. Non è tutto: i palloni recuperati da Valdifiori sono stati 17, contro i 19 della coppia Guarin.Medel.Per tutti questi motivi sarebbe riduttivo se i problemi dell’Inter venissero catalogati solo come di natura tattica. Il gruppo di Mancini non è ancora squadra, non è ancora totalmente pronto al sacrificio. Ma qualche miglioramento c’è. Lo si nota dalla capacità di soffrire e dalla voglia di non prendere gol neanche in situazioni d’emergenza. La difesa ha lottato a mani nude contro le ficcanti schegge avversarie, uscendone ferita, ma non morta. Il processo per diventare squadra passa anche da partite come questa, dove visto il gioco si poteva perdere e, invece, non è accaduto.