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Chi è il più grande calciatore di tutti i tempi? La scelta del nome appassiona ogni tifoso. Chi è il migliore tra Pelé, Maradona, Cruijff, Beckenbauer, Ronaldo, Messi... Perchénon Luis Suárez Miramontes, l’unico giocatore spagnolo ad aver vinto il Pallone d’Oro? Nel suo palmarès brillano anche un Europeo con la nazionale, Campionati e Coppe con il Barcellona e l’Inter. Ambidestro dall’alto e costante rendimento, copriva ogni zolla del campo con movimenti traboccanti di classe al servizio della squadra. Dribblava, recuperava palloni per calciarli, quaranta metri più in là, sui piedi di un compagno, e segnava. La storia di Suárez, per tutti Luisito, è raccontata nel libro, uscito in questi giorni, dal titolo “Luis Suárez – L’Architetto”, di Marco Pedrazzini, già coautore con Federico Jaselli Meazza delle biografie sui monumenti nerazzurri Giuseppe Meazza e Peppino Prisco. Con il contributo dell’archivio fotografico dell’Fc Internazionale (sono 250 le foto raccolte e pubblicate), il volume vuole essere un omaggio al fuoriclasse che Alfredo Di Stefano ribattezzò “L’Architetto”, per la sua abilità nella costruzione del gioco. Helenio Herrera, che ne chiese l’acquisto ad Angelo Moratti come condizione essenziale per vincere tutto, disse: “Suárez ha la velocità di Bicicli, il palleggio di Corso, la forza di Lindskog, il dribbling di Sivori e il tiro di Altafini”. Cinque giocatori in uno. Una magia dalla quale nacque la Grande Inter. Anticipiamo in esclusiva, insieme ad alcune fotografie, il capitolo dedicato all’arrivo del campione spagnolo a Milano nel 1961.
Orgoglio meneghino, specialità galiziana
“Lassa pur ch'el mond el disa, ma Milan l'è on gran Milan…” cantava a fine anni 30 il cantautore dialettale Giovanni D’Anzi,“Lascia pure che il mondo dica ma Milano è una grande Milano…”, dove puoi trovare, quasi, tutto. A Suárez non può che mancare il mare ma è accolto da una città in piena espansione economica che sta cambiando volto. Accanto alla Scala, al Duomo e alla Madonnina vede alzarsi al cielo la Torre Velasca e il Pirellone, e spalancarsi il suolo per far correre i treni della metropolitana. Una città che guarda al futuro con la moda, l’editoria, le università, il teatro, lo sport, la tv e le industrie che fagocitano manodopera del Sud dalla bocca della Stazione Centrale ma che resta romanticamente legata alle vecchie tradizioni. Dall’aperitivo in Galleria alla festa di Sant’Ambrogio, dalla cotoletta al panettone, dalla passeggiata in centro con la nebbia, al Carnevale. I milanesi hanno scoperto le quattroruote tanto che è diventato impossibile parcheggiare in via Orefici o in via Manzoni; hanno il frigo e la tv, la lavatrice e l’aspirapolvere.
Vanno in massa a San Siro per l’Inter e il Milan e al Palalido per ilSimmenthal, nuove realtà che si imporranno ben presto in Europa.
“Il commendator Moratti, persona simpaticissima e cordiale, mi ricevette il giorno stesso del mio arrivo. Mi diede il benvenuto e mi augurò una lieta permanenza nella sua società” – ricorderà Suárez in un’intervista di metà anni 60.
Nel tardo pomeriggio dell’ 1 giugno 1961 la sua presentazione al Circolo nerazzurro di via Olmetto richiama decine di giornalisti e centinaia di tifosi.
“Ha negli occhi il lampo di Herrera e il viso da bambino e appare infinitamente triste. Sembra uno di quegli uomini che ha il pensiero fisso a una sola cosa, e per Luisito Suárez questa cosa deve essere il pallone”, scrive “La Notte”, che lo presenta come “El Pibe de Oro” (termine coniato per lui vent’anni prima di Maradona).
Un fotografo gli grida: “Sorridi, Luisito”, lui sorride; poi si gira verso Herrera, gli sussurra qualcosa e lui traduce: “Dice che è felice, contentissimo di essere a Milano, e che darà tutto per l’Inter. Alla muerte!”. HH gli mette una mano sulla spalla e ammicca soddisfatto. Finalmente è tornato a essere un suo giocatore.
Poi parte il fuoco incrociato delle domande, riportato da Franco Mentana sulla “Gazzetta dello Sport”:
“Contro il Benfica ha fatto un passo doppio, lo fa sempre?”
“È una specialità della Galizia…”
“Chi conosce dell’Inter?”
“Bicicli e Buffon”
“Chi è il centravanti più forte del mondo?”
“Di Stefano”
“Quanti gol ha segnato col Barcellona?”
“Modestia a parte non li ho mai contati. Credo una quarantina, quando mi allenava Herrera, pur non giocando di punta”
“È sposato o fidanzato?”
“Non sono sposato né fidanzato. Ho due fratelli, mio padre ha una macelleria a La Coruña” “Verrà con sua madre a vivere a Milano?”
“No, per ora starò da solo”
“Quanto è alto e quanto pesa, Luisito?”.
“Sono alto 1,78 e peso…”
Herrera alla traduzione aggiunge: “Se pesi 71, multa! Il tuo peso ideale è 72”. Poi continua: “Era in una trappola. Aveva la classe di un campione. Bisognava capirlo per tirargliela fuori”.
“È vero che lei è il pupillo di Herrera?”
Si inserisce ancora HH: “Pupillo? Che vuol dire pupillo! Lo ammiravo perché era il migliore” “Assisterà alla partita di domenica a Catania?”
“Naturalmente, voglio vedere la mia nuova squadra in questo scontro decisivo”
“Herrera, che gioco ha Luisito?”
“Ha la velocità di Bicicli, il palleggio di Corso, la forza di Lindskog, il dribbling di Sivori e il tiro di Altafini”.
Nessuno ha il coraggio di aggiungere altro. Il mister e il giocatore si alzano, il brindisi con alcuni soci bagna l’inizio dell’avventura nerazzurra. Il neo acquisto è circondato dai tifosi per un autografo e applaudito mentre sale, con Herrera e Allodi, sulla Fiat 1500 guidata dall’autista: sono attesi per cena nella villa di Imbersago della famiglia Moratti.
Il giorno dopo sono in programma le visite mediche mentre la squadra decollerà per Catania. Lo scudetto è (sembra) ancora in gioco in un finale di campionato thrilling con la Juventus.
Il nuovo contratto sarà ufficiale dall’ 1 luglio. Previa liberatoria firmata dal Barcellona l’esordio con la maglia nerazzurra è fissato per il 15 giugno contro i neocampioni d’Europa del Benfica a San Siro. Sembra un ritorno al recente passato ma l’amichevole non si giocherà.
E sarà solo futuro.
Marco Pedrazzini
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