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Il metodo Mazzarri

Normalmente, si sa, sono persona moderata, tollerante, e disposta a comprendere le ragioni di chiunque, specie di chi, nel caso dell’Inter, ne guida le sorti, nel bene e nel male. Questo blog, però, è nato sfortunatamente ai primi di gennaio,...

Alessandro De Felice

Normalmente, si sa, sono persona moderata, tollerante, e disposta a comprendere le ragioni di chiunque, specie di chi, nel caso dell’Inter, ne guida le sorti, nel bene e nel male. Questo blog, però, è nato sfortunatamente ai primi di gennaio, d’impulso, d’istinto, come se io sentissi l’urgenza di scrivere per riordinare i miei pensieri sparsi e metterli a disposizione di chiunque condivida la passione per una squadra nella quale l’equilibrio, anche mentale, non è la virtù principale. Ecco, da quando ho deciso di lanciare il mio piccolo “InterVento” non sono ancora riuscito a raccontare una vittoria. Due punti in tutto, siamo ultimi in questa speciale classifica “avulsa”. Un disastro per larga parte imprevedibile nelle sue dimensioni, ma che deve pure trovare almeno uno straccio di spiegazione razionale. Dunque provo oggi, a mente quasi fredda, a spiegare meglio perché io ieri sera abbia sbroccato, assieme a tanti altri tifosi, proponendo al mister di raggiungere rapidamente il paese d’origine, San Vincenzo, ridente località della Toscana.

Mazzarri è persona intelligente e tenace, su questo non ho dubbi. Ma ha costruito nel tempo un modello di preparazione e di organizzazione della squadra, nonché delle relazioni diplomatiche con la stampa e con le televisioni, che a mio parere presenta molti punti deboli e autentici difetti strutturali.

Non sono un tecnico, e neppure un maniaco della tattica, ci sono amici bloggers assai più esperti e documentati di me. Mi limito dunque al metodo. Mi pare che il mister toscano prediliga stressare all’infinito un’idea base di gioco, al quale adatta i giocatori che ha a disposizione, mantenendoli in prima squadra il più a lungo possibile, e comunque con pochissime varianti tattiche e di atteggiamento in campo. Ammirevole l’attenzione alla forma fisica, ma ho la sensazione che stia difettando, in modo sostanziale, l’approccio psicologico alle partite. Vedendo il comportamento dei nostri giocatori, chi più chi meno, sembrano tutti comportarsi da soldatini spaventati, senza alcuna autonomia mentale. Si collocano correttamente in campo (almeno rispetto alle istruzioni ricevute) e così affrontano i primi minuti della gara, come se si trattasse di un compito scolastico da eseguire bene, pena l’esclusione dalla formazione.

L’Inter, nel corso degli anni, ha sempre brillato per una certa anarchia tattica, che ultimamente era stata chiamata “spensieratezza”, ma anche per una grinta ai limiti della cattiveria, sintetizzata dalla classica e mitica “ranzata” di Samuel entro i primi due minuti di gara, ottimo avvertimento per le punte avversarie. Ci potevamo regolare gli orologi. Ora non più. La fase difensiva inizia abbastanza ordinata ma quasi sempre molle, impaurita, fino a quando un errore, reso grave ed evidente quasi sempre da un mancato contrasto in una zona pericolosa del campo, comporta come conseguenza il gol avversario. Il metodo di Mazzarri, dunque, forse risente di una eccessiva ripetitività. Non ammette varianti, si basa sulla convinzione del mister di essere l’unico depositario della scienza calcistica, e dà la sensazione – dall’esterno – di non ammettere repliche. In alcuni casi e per un certo tempo il suo metodo funziona: il miglioramento iniziale di Alvarez e di Jonathan ha fatto pensare a tutti noi che aveva ragione l’allenatore, e ci ha fatto sperare che il suo percorso tattico avrebbe portato l’Inter a diventare una specie di Napoli. Ecco, ho la sensazione che Mazzarri viva malissimo questo continuo confronto incrociato con il suo passato, con l’avvento di Benitez sulla sua ex panchina, e con il nostro passato di vittorie. Era sicuro di fare assai meglio di Stramaccioni, tanto da irriderlo apertamente in uno dei confronti che adesso opportunamente cerca di scansare. Ricordo che disse in assoluta sincerità che i punti di Stramaccioni lui li avrebbe fatti anche solo con i ragazzi della Primavera.

Ecco, Mazzarri, a mio parere, eccede in presunzione ed egocentrismo. Tende, quando parla delle partite, a mettere al sicuro la propria immagine di professionista, e dunque, di volta in volta, scarica le responsabilità dei risultati non soddisfacenti sulla prestazione dei singoli, sugli arbitraggi, sulle condizioni atmosferiche, sugli infortuni, sugli episodi sfortunati, e via elencando. Immagino che adesso stia vivendo malissimo questa fase deprimente. Ma come reagirà? Ripetendo ancora il medesimo schema mentale e organizzativo? Siamo sicuri che negli allenamenti alcuni dettagli, che poi diventano decisivi, siano curati in modo adeguato? Come ad esempio il modo di schierarsi in difesa su palle inattive, oppure come tirare i calci d’angolo, come far circolare la palla non solo in orizzontale? Il dubbio è legittimo, ma ho la sensazione che sia difficile parlarne con serenità.

Contro la Juventus, ad esempio, ho avuto la sensazione che non ci sia stato, all’origine, nessun serio tentativo di impostare una formazione che non fosse semplicemente speculare rispetto ai bianconeri, i quali, ovviamente, hanno avuto vita facilissima. E’ da capire, adesso, se Mazzarri ha perso il controllo o la fiducia dello spogliatoio. Certo è molto facile, per ciascuno di noi, vedere e sottolineare i gravi errori dei singoli giocatori, alcuni davvero imbarazzanti. Ma questa idea che si sta diffondendo, ossia che in ogni caso la nostra è una rosa totalmente scadente e indegna dell’Inter, è dannosa ed assurda. E’ dannosa dal punto di vista societario, perché svaluta il capitale umano a disposizione, ed è anche assurda perché non corrisponde al vero. Certo che c’è bisogno di qualità, ma tra i titolari e i giovani a disposizione, l’Inter è in grado di reggere almeno in campionato, e di arrivare alla fine della stagione in modo più dignitoso.

Sarà Mazzarri in grado di cambiare passo? Di ammettere di aver sbagliato più di qualcosa? Lo vedremo presto. L’arrivo di Hernanes non può essere visto come la soluzione di tutti i mali, altrimenti rischiamo di bruciarlo in men che non si dica. Se la partita con il Sassuolo (sic!) diventa quasi un’ultima spiaggia, qualcosa di serio non ha funzionato prima di tutto nel manico. Una scossa deve arrivare al più presto. Io voglio scrivere di una vittoria. E poi di un’altra, non dopo un mese.