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Non è arrivato come risposta a Balotelli. Non ci 'azzecca' (o non c'entra, fate voi) niente. Non è arrivato all'Inter per rispondere al Milan: la società nerazzurra si è solo imposta di fare mercato e di regalare a Stramaccioni i rinforzi richiesti una volta sfumato il primo obiettivo. Così è arrivato Kovacic a Milano.
Paulinho ha preferito restare al Corinthians, aveva da fare, come aveva da fare a luglio del 2012: voleva giocare il Mondiale per Club, adesso ha la Copa Libertadores. Chissà se Moratti tornerà a bussare alla sua porta, nel frattempo la vita va avanti.
Si, sembrava immobile. Alle 19 del 29 gennaio tutto era perduto: la pazienza, la voglia di crederci. Anche perché dall'altra parte festeggiavano con successo il colpo dell'anno. Mica era per invidia, solo perché la classifica dice che i cugini (ad averceli) sono vicini e forse senza i giusti rinforzi sarebbe stato più difficile provare a lasciarli distanti.
E allora sono arrivati Schelotto ("Rappresenti perfettamente quello che desiderava l'allenatore", ha detto il presidente), Kuzmanovic ("Un calciatore di esperienza pur essendo giovane"), Carrizo e Kovacic. Proprio lui. Lo hanno chiamato - tutti - colpo. Il pres dice che è speciale. Ma per favore non chiamatelo anti-Balo. No, non c'entra nulla. E basta guardarlo.
E' sbarcato in Italia senza guardie del corpo, macchinoni o folle urlanti al seguito. Solo con la sua valigia. Il trolley che tira da solo fino all'auto che gli ha mandato il presidente. Lui va a trovarlo in sede insieme ad un agente. Dopo aver incontrato il patron nerazzurro, fa capire di avere le idee chiare: "Forza Inter". E basta. Ed è abbastanza.
Più tardi, finite le visite mediche spiega: "Quando ero piccolo questo club vinceva tutto". Ti viene da sorridere. Quando era piccolo era qualche anno fa. Così vicino, così lontano. Le vittorie degli scudetti fino ad arrivare alla Champions League, al Triplete che poi ha portato gli interisti sulla cima del mondo.
Quando era piccolo la formazione nerazzurra era meno vulnerabile e aveva tanta roba a centrocampo. Adesso che tutto è passato serve lui. La sua qualità. "Hai fatto tutta quella strada per arrivare fin qui e ti è toccato partire bambino con una piccola valigia di cartone che hai cominciato a riempire"... dice una canzone di Ligabue. Lo abbiamo visto sbarcare nella city con quel sorriso ingenuo, quasi sperduto "e con quegli occhi ciò che vedevi nessuno può saperlo".
Sappiamo cosa hanno visto quelli degli interisti. Una speranza che si è riaccesa in un momento buio. La realizzazione di un progetto che deve essere per forza portato avanti. Tocca al giovane Mateo portare il peso della valigia e del centrocampo nerazzurro. Da lui riparte la ricostruzione e da quelli che dice sono i suoi preferiti: Guarin e Cassano. Chissà cosa gli dirà FantAntonio quando lo vedrà. Immaginiamo un "We, Guagliò" e già si intenderanno. Se lo capisce Nagatomo...
Avrà chi gli farà da chioccia e posto là in mezzo. Avrà chi lo aiuterà a capire che l'insostenibile leggerezza del nerazzurro non è proprio uguale a tutto il resto. Poi sarà lanciato nella mischia. E lì si vedrà quanto può brillare una stellina. Pazienza, voglia di crederci dovranno tornare e serviranno ad aspettarlo. Il suo talento farà il resto. Lo ha portato con sè dentro quella valigia.
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