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Insistere sul partente Podolski a scapito del patrimonio Puscas: perché? Mancini non scherzava quando…

Alessandro De Felice

Spalle strette, braccia che corrono lunghe verso i fianchi e sguardo rivolto a terra: morale più nero della mezzanotte. L’Inter non riesce a risalire dal burrone e a Genova, contro la Sampdoria di Sinisa Mihjlovic, riceve la batosta definitiva,...

Spalle strette, braccia che corrono lunghe verso i fianchi e sguardo rivolto a terra: morale più nero della mezzanotte. L’Inter non riesce a risalire dal burrone e a Genova, contro la Sampdoria di Sinisa Mihjlovic, riceve la batosta definitiva, quella che probabilmente estrometterà i nerazzurri dalle prossime competizioni europee. Risultato bugiardo quello maturato al Ferraris, dove l’Inter realizza una delle migliori prestazioni dell’intera stagione. La traversa - colpita da Icardi -, l’imprecisione e qualche dubbia decisione dell’arbitro permettono alla Samp di conquistare i tre punti. Con Davide Santon costretto al forfait per un attacco influenzale, Roberto Mancini schiera la difesa inedita formata da D’Ambrosio, Ranocchia, Vidic e Juan. Il reparto arretrato concede qualche occasione, ma nel complesso disputa una buona prova. Eder, Muriel ed Eto’o sono clienti scomodi, ma la retroguardia regge e alla fine deve arrendersi solo ad un gran gol su calcio piazzato: la magia è siglata Eder. La squadra mostra buon equilibrio e trame interessanti: Icardi prosegue nel suo personale processo di crescita, esponendo in vetrina progressi impressionanti. Si muove con e per la squadra e per poco non mette a segno una rete da manuale del calcio. I suoi movimenti in area di rigore sono la parafrasi della concretezza, il Credo del centravanti. Peccato che Podolski non lo imiti e che, invece, decida di stare li a guardare. Il tedesco si muove sul rettangolo di gioco senza convinzione, gioca giusto qualche pallone, ma con irritante superficialità. Non lotta, quasi disinteressato a quelle che saranno le sorti future di questa squadra. Sarà forse perché sa che il destino lo porterà lontano da Milano? E allora perché insistere su di lui? Perché non lanciare definitivamente Puscas?Discorso diverso per Guarin, il colombiano è un punto fermo del tecnico jesino, ma diciassette partite consecutive sono troppe anche per lui. L’ex Porto non riesce ad incidere sulla gara e mostra inconfondibili segni di stanchezza. Sintomi che evidentemente Roberto Mancini ignora, perché continua a schierarlo. “Lasciare Guarin a riposo in vista degli impegni di Coppa? Può riposare lunedì, martedì e mercoledì” aveva risposto sorridendo l’ex tecnico del City. Pensavamo fosse una battuta. Ci sbagliavamo.