Mateo Kovacic si racconta. Il giovane centrocampista croato, autentico perno del progetto nerazzurro del futuro (che al timone ci sia Moratti o Thohir poco importa), ha parlato di tutto, dalla sua fede al suo approdo a Milano, in una bella intervista che FCINTER1908.IT, primo sito italiano, ha raccolto e vi riporta:
twinter
Kovacic: “La fede, l’Inter e quella gamba rotta: dico tutto. I compagni mi chiamano…”
Intervista a Raskrizje
Com'è giocare per un grande club come l'Inter?
"E' stato veramente un grande salto per me. E' tutto diverso. Non voglio sottovalutare il calcio croato ma sicuramente è tutto più difficile. E' tutto più veloce, tutto più duro, è diverso. E vale anche per i tifosi. Gli stadi sono tutti pieni ed è bellissimo giocare in queste condizioni. Per quanto riguarda la mia vita, è rimasta la stessa. Purtroppo non c'è la Messa in croato ma per il resto va tutto benissimo, vivo nel mio appartamento e a volte mi vengono a trovare parenti e amici. Sono molto soddisfatto".
Il tuo successo è frutto di grande lavoro e sacrificio. Che ruolo ha avuto la religione?
"Non so quanto posso parlare della mia fede. Sono stato cresciuto nella fede fin dalla più tenera età. Per me la religione è molto importante. Non posso dire di aver avuto periodi veramente difficili, a parte quando mi sono rotto la gamba. Da quel momento ho avuto uno spirito tutto nuovo, ho capito che anche nelle cose negative ci può essere qualcosa di buono.
Hai mai avuto paura di non poter più giocare a calcio?
"Quando uno toglie il gesso, il piede è indebolito, non puoi camminare per tre o quattro mesi. E' dura ma io non ho mai dubitato, ho sempre saputo che avrei potuto continuare. Lo volevo e ce l'ho fatta. Ovviamente la mia famiglia e i miei amici mi hanno aiutato. E poi devo ringraziare Dio.
Tu sei uno dei più grandi talenti croati. Chi ti ha scoperto? E come ti senti ad avere questo talento?
"Prima di tutto, grazie per i complimenti, è davvero bello sentire queste lodi. Non so chi mi abbia scoperto. So che mia madre mi ha portato al primo allenamento, è lei che per prima ha capito che c'erano delle qualità in me. Devo ringraziare i miei genitori. Spesso i genitori mettono pressione sui figli, loro mi hanno sempre seguito, quando avevano qualcosa da dire la dicevano ma non mi hanno mai pressato. Sono felice della vita che ho e per questo posso dedicarmi e dare il meglio per il mio lavoro".
Hai mai temuto che il successo ti potesse allontanare dalla fede?
"Onestamente non c'ho mai pensato. Per me non è cambiato nulla, gioco a calcio e con il successo arriva anche la fama. Credo e spero che queste cose non mi cambino mai, spero di restare sempre lo stesso. So che ci sono momenti in cui la fede vacilla ma c'è la famiglia e ci sono gli amici in quei momenti".
Hai esordito in Nazionale contro la Serbia. Che ricordo hai di quella partita?
"Quella partita ha significato molto per la nostra gente. Non posso dire molto riguardo alla guerra perchè ero appena nato ma è certo che si tratta di una grande ferita per il popolo croato. E naturalmente anche per quello serbo. Per quanto riguarda la partita, devo ringraziare tutti coloro che mi hanno dato questa grande opportunità. E grazie a Dio abbiamo anche vinto, una vittoria di vitale importanza. Per tutti i croati quella vittoria è valsa più di tre punti.
Che rapporto hanno con la fede i tuoi compagni di squadra? Ti sei mai trovato in una situazione spiacevole?
"I miei compagni sanno come la penso. Ci sono molti giocatori che sono credenti ma ce ne sono anche altri che bestemmiano. Io cerco di dire loro: 'dai non farlo'. Ma se vedo che non ottengo niente smetto di parlare. Se vogliono continuare ad usare quel turpiloquio, non posso farci niente, posso solo pregare per loro. Qualche compagno mi chiama "chierichetto" ma quello non è un insulto, è uno scherzo. Comunque con alcuni compagni posso parlare di fede".
Qual è la tua citazione preferita della Bibbia?
"Metti tutto nelle mani di Dio. Questa è la mia frase preferita".
Sei cresciuto in Austria, poi hai vissuto a Zagabria, ora sei a Milano. Come ti ha cambiato tutto questo?
"Sono rimasto sempre lo stesso. Naturalmente in tutti questi spostamenti ho rischiato di perdere degli amici, è stato difficile trasferirmi. Quando sono andato via dall'Austria, ero felice di andare a Zagabria, dove avrei trascorso la mia adolescenza. Il trasferimento a Milano è stato più difficile, perché qui (a Zagabria nr) avevo la mia ragazza, i miei amici, la Chiesa. Ho trascorso sei anni meravigliosi qui ma questo è il mondo del calcio. Non dico che non sono felice di essere andato a Milano, anzi. Sono felicissimo di essere all'Inter ma so dov'è la mia casa e questo è importante".
© RIPRODUZIONE RISERVATA